Orizzontescuola politica scolastica – Non cè separazione tra mente e corpo, non bastano due ore di educazione motoria, ripensare il ruolo della corporeità nella scuola. INTERVISTA a Elena Mignosi
Nonostante si parli molto di benessere e di crescita personale a scuola, il corpo continua a essere un grande assente nella progettazione educativa. Ma come si può educare veramente alla relazione se il contatto con gli altri corpi ci fa paura, soprattutto se sono quelli dei migranti o comunque delle persone considerate in qualche modo ‘diverse’? In questa intervista, la prof.ssa Elena Mignosi, docente di Pedagogia generale e sociale all’Università di Palermo, ci invita a ripensare il ruolo della corporeità nella scuola, denunciando la dicotomia tra mente e corpo ancora dominante nel nostro sistema educativo. Un’occasione per riflettere anche sul grande equivoco che continua a considerare le soft skills come competenze “non cognitive”, quando invece sono parte integrante dell’apprendimento. Un cambio di paradigma culturale che chiama in causa la formazione degli insegnanti, l’organizzazione scolastica e, soprattutto, la visione educativa di un Paese.
Professoressa Mignosi, possono bastare le due ore settimanali di Educazione Fisica a riequilibrare un’istruzione tutta incentrata sulle attività della mente?
No, certamente no. Così come l’insegnamento dell’Arte o della Musica richiederebbe un’impostazione laboratoriale e non esclusivamente teorica, anche il corpo dovrebbe avere uno spazio reale nel percorso scolastico senza essere confinato alla sola Educazione fisica, che spesso finisce col richiedere ai ragazzi prestazioni sportive, penalizzando quelli che tra loro non hanno un buon rapporto con la dimensione corporea.