In questa domenica la Parola di Dio ci fa alzare lo sguardo. Ci invita a non fermarci al presente, ma a guardare oltre, verso il compimento della storia. Il profeta Malachia, nella prima lettura, ci rivolge parole forti: verrà un giorno “ardente come un forno”, che brucerà tutti i superbi e gli operatori di ingiustizia. Per chi teme il Signore, invece, “sorgerà il sole di giustizia” (Ml 3,19-20a). E’ un annuncio che ci ricorda che l’uomo nella sua libertà può orientare il suo destino verso la luce o verso le tenebre, verso la vita o la rovina eterna.
Nel Vangelo, Gesù ci parla di edifici che cadranno, di guerre, catastrofi, tradimenti, persecuzioni… (Lc 21,5-19). Tuttavia, queste parole non devono suscitare spavento, perchè sono una rivelazione di speranza. Sono un invito a non fondare la vita sulla sabbia, ma sulla roccia che non vacilla perchè tutto è destinato a finire: il tempio, le istituzioni, le ricchezze, il progresso, la scienza… Solo Dio resta, il quale verrà, come ci ricorda il ritornello del Salmo responsabile, per giudicare il mondo con giustizia. La Chiesa insegna che la fine dei tempi non è un evento casuale o una catastrofe senza senso, ma il compimento del disegno di Dio, il passaggio alla vita eterna, il giorno in cui il peccato e la morte saranno distrutte; le lacrime asciugate, l’amore, la giustizia e la pace trionferanno. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo insegna con chiare parole: “Cristo, alla fine dei secoli, giudicherà i vivi e i morti, e ciascuno riceverà secondo le opere compiute: coloro che hanno perseverato nella fede e nell’amore entreranno nella vita eterna” (CCC 678).
Con la venuta di Cristo, noi viviamo già oggi nella luce di questa promessa. Anche quando la storia può sembrare confusa, difficile, persino ingiusta, noi sappiamo che il Signore è presente e se abbiamo qualcosa da soffrire per amore Suo, Egli ci assicura la Sua protezione: Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Sono parole da custodire nel cuore come un tesoro. Il Signore non ci promette una vita senza sofferenze, ma ci garantisce che la nostra vita è nelle Sue mani, custodita e amata in ogni istante. Solo il Signore può fare una simile promessa e mantenerla. Non siamo, dunque, fatti per la paura, ma per la speranza. Non viviamo per difenderci, ma per prepararci all’incontro con il Signore glorioso. Ogni gesto d’amore, ogni atto di fedeltà, ogni preghiera, anche la più semplice, è un seme di eternità piantato nel nostro cuore.
Gesù stesso ci indica la via per attraversare questo mondo:“Nella vostra perseveranza salverete le vostre anime” (Lc 21,19). La perseveranza è quella forza interiore che ci spinge a fare il bene, anche quando costa fatica o sembra non dare frutti. È la virtù di chi non si arrende, di chi sceglie ogni giorno di restare fedele, anche nelle difficoltà. Ma non possiamo perseverare da soli: abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore e del sostegno della comunità cristiana. E’ insieme ai fratelli di fede che impariamo a vigliare, a pregare, ad amare con cuore saldo e fiducioso. Non temiamo la fine della storia, perchè in realtà non sarà una fine, ma un nuovo inizio: Vidi un cielo nuovo e una terra nuova – dice l’Apocalisse – dove Cristo regnerà per sempre e la Sua luce non tramonterà mai (Ap 21,1.23).
Diceva san Giuseppe Cottolengo: Brutta terra, bel Paradiso; è lassù che dobbiamo tenere gli occhi ed il cuore.
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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario. Il giorno del Signore: fine e inizio
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In questa domenica la Parola di Dio ci fa alzare lo sguardo. Ci invita a non fermarci al presente, ma a guardare oltre, verso il compimento della storia. Il profeta Malachia, nella prima lettura, ci rivolge parole forti: verrà un giorno “ardente come un forno”, che brucerà tutti i superbi e gli operatori di ingiustizia. Per chi teme il Signore, invece, “sorgerà il sole di giustizia” (Ml 3,19-20a). E’ un annuncio che ci ricorda che l’uomo nella sua libertà può orientare il suo destino verso la luce o verso le tenebre, verso la vita o la rovina eterna.
Nel Vangelo, Gesù ci parla di edifici che cadranno, di guerre, catastrofi, tradimenti, persecuzioni… (Lc 21,5-19). Tuttavia, queste parole non devono suscitare spavento, perchè sono una rivelazione di speranza. Sono un invito a non fondare la vita sulla sabbia, ma sulla roccia che non vacilla perchè tutto è destinato a finire: il tempio, le istituzioni, le ricchezze, il progresso, la scienza… Solo Dio resta, il quale verrà, come ci ricorda il ritornello del Salmo responsabile, per giudicare il mondo con giustizia. La Chiesa insegna che la fine dei tempi non è un evento casuale o una catastrofe senza senso, ma il compimento del disegno di Dio, il passaggio alla vita eterna, il giorno in cui il peccato e la morte saranno distrutte; le lacrime asciugate, l’amore, la giustizia e la pace trionferanno. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo insegna con chiare parole: “Cristo, alla fine dei secoli, giudicherà i vivi e i morti, e ciascuno riceverà secondo le opere compiute: coloro che hanno perseverato nella fede e nell’amore entreranno nella vita eterna” (CCC 678).
Con la venuta di Cristo, noi viviamo già oggi nella luce di questa promessa. Anche quando la storia può sembrare confusa, difficile, persino ingiusta, noi sappiamo che il Signore è presente e se abbiamo qualcosa da soffrire per amore Suo, Egli ci assicura la Sua protezione: Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Sono parole da custodire nel cuore come un tesoro. Il Signore non ci promette una vita senza sofferenze, ma ci garantisce che la nostra vita è nelle Sue mani, custodita e amata in ogni istante. Solo il Signore può fare una simile promessa e mantenerla. Non siamo, dunque, fatti per la paura, ma per la speranza. Non viviamo per difenderci, ma per prepararci all’incontro con il Signore glorioso. Ogni gesto d’amore, ogni atto di fedeltà, ogni preghiera, anche la più semplice, è un seme di eternità piantato nel nostro cuore.
Gesù stesso ci indica la via per attraversare questo mondo:“Nella vostra perseveranza salverete le vostre anime” (Lc 21,19). La perseveranza è quella forza interiore che ci spinge a fare il bene, anche quando costa fatica o sembra non dare frutti. È la virtù di chi non si arrende, di chi sceglie ogni giorno di restare fedele, anche nelle difficoltà. Ma non possiamo perseverare da soli: abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore e del sostegno della comunità cristiana. E’ insieme ai fratelli di fede che impariamo a vigliare, a pregare, ad amare con cuore saldo e fiducioso. Non temiamo la fine della storia, perchè in realtà non sarà una fine, ma un nuovo inizio: Vidi un cielo nuovo e una terra nuova – dice l’Apocalisse – dove Cristo regnerà per sempre e la Sua luce non tramonterà mai (Ap 21,1.23).
Diceva san Giuseppe Cottolengo: Brutta terra, bel Paradiso; è lassù che dobbiamo tenere gli occhi ed il cuore.
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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario. Il giorno del Signore: fine e inizio
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In questa domenica la Parola di Dio ci fa alzare lo sguardo. Ci invita a non fermarci al presente, ma a guardare oltre, verso il compimento della storia. Il profeta Malachia, nella prima lettura, ci rivolge parole forti: verrà un giorno “ardente come un forno”, che brucerà tutti i superbi e gli operatori di ingiustizia. Per chi teme il Signore, invece, “sorgerà il sole di giustizia” (Ml 3,19-20a). E’ un annuncio che ci ricorda che l’uomo nella sua libertà può orientare il suo destino verso la luce o verso le tenebre, verso la vita o la rovina eterna.
Nel Vangelo, Gesù ci parla di edifici che cadranno, di guerre, catastrofi, tradimenti, persecuzioni… (Lc 21,5-19). Tuttavia, queste parole non devono suscitare spavento, perchè sono una rivelazione di speranza. Sono un invito a non fondare la vita sulla sabbia, ma sulla roccia che non vacilla perchè tutto è destinato a finire: il tempio, le istituzioni, le ricchezze, il progresso, la scienza… Solo Dio resta, il quale verrà, come ci ricorda il ritornello del Salmo responsabile, per giudicare il mondo con giustizia. La Chiesa insegna che la fine dei tempi non è un evento casuale o una catastrofe senza senso, ma il compimento del disegno di Dio, il passaggio alla vita eterna, il giorno in cui il peccato e la morte saranno distrutte; le lacrime asciugate, l’amore, la giustizia e la pace trionferanno. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo insegna con chiare parole: “Cristo, alla fine dei secoli, giudicherà i vivi e i morti, e ciascuno riceverà secondo le opere compiute: coloro che hanno perseverato nella fede e nell’amore entreranno nella vita eterna” (CCC 678).
Con la venuta di Cristo, noi viviamo già oggi nella luce di questa promessa. Anche quando la storia può sembrare confusa, difficile, persino ingiusta, noi sappiamo che il Signore è presente e se abbiamo qualcosa da soffrire per amore Suo, Egli ci assicura la Sua protezione: Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Sono parole da custodire nel cuore come un tesoro. Il Signore non ci promette una vita senza sofferenze, ma ci garantisce che la nostra vita è nelle Sue mani, custodita e amata in ogni istante. Solo il Signore può fare una simile promessa e mantenerla. Non siamo, dunque, fatti per la paura, ma per la speranza. Non viviamo per difenderci, ma per prepararci all’incontro con il Signore glorioso. Ogni gesto d’amore, ogni atto di fedeltà, ogni preghiera, anche la più semplice, è un seme di eternità piantato nel nostro cuore.
Gesù stesso ci indica la via per attraversare questo mondo:“Nella vostra perseveranza salverete le vostre anime” (Lc 21,19). La perseveranza è quella forza interiore che ci spinge a fare il bene, anche quando costa fatica o sembra non dare frutti. È la virtù di chi non si arrende, di chi sceglie ogni giorno di restare fedele, anche nelle difficoltà. Ma non possiamo perseverare da soli: abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore e del sostegno della comunità cristiana. E’ insieme ai fratelli di fede che impariamo a vigliare, a pregare, ad amare con cuore saldo e fiducioso. Non temiamo la fine della storia, perchè in realtà non sarà una fine, ma un nuovo inizio: Vidi un cielo nuovo e una terra nuova – dice l’Apocalisse – dove Cristo regnerà per sempre e la Sua luce non tramonterà mai (Ap 21,1.23).
Diceva san Giuseppe Cottolengo: Brutta terra, bel Paradiso; è lassù che dobbiamo tenere gli occhi ed il cuore.
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