È stata inaugurata la scorsa settimana a Roma la mostra “Betlehem Reborn”, Betlemme rinata, che mette in luce il lavoro di restauro della Basilica della Natività di Betlemme. Il restauro, di per sé storico, mette in luce anche l’impegno della Palestina nella protezione dei luoghi cristiani, mentre la situazione in Terra Santa diventa sempre più complessa e si registra anche un moltiplicarsi degli attacchi dei coloni israeliani.
Durante il Quinto Ministeriale per l’Avanzamento della Libertà Religiosa, tenutosi a Praga il 12-13 novembre, si è tenuto anche un evento laterale, organizzato presso la locale ambasciata d’Ungheria, che ha visto la partecipazione dell’Osservatorio sull’Intolleranza e la Discriminazione dei Cristiani in Europa e della sezione internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre.
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha avuto un malore durante la sua visita in Sri Lanka del 3-8 novembre. DAL 10 al 12 novembre, si è tenuta in Vaticano una conferenza su “AI e Medicina”, organizzata dalla Pontificia Accademia per la Vita e dalla Federazione Mondiale dei Medici Cattolici. La dichiarazione finale della conferenza tocca diversi temi diplomatici. Il Kenya va verso lo stabilimento di un’ambasciata residente presso la Santa Sede. L’ambasciatore USA presso la Santa Sede prosegue nelle sue iniziative a favore della libertà religiosa in Cina.
La prossima settimana, in occasione della commemorazione dell’Homolodor – la carestia provocata dai sovietici negli Anni Trenta che sterminò la popolazone ucraina – il Cardinale Pietro Parolin celebrerà il 20 novembre una Messa per gli ucraini. Durante la settimana ci sarà anche Andryi Yermak, capo ufficio del presidente Zelensky, che avrà un breve scambio con Leone XIV durante il baciamano dell’udienza del mercoledì, dove porterà alcuni dei bambini tornati a casa grazie anche alla mediazione vaticana. Yermak avrà anche incontri con il cardinale Parolin e Gallagher, e con il cardinale Zuppi.
FOCUS TERRASANTA
“Betlemme rinata”, una mostra per la Basilica della Natività
Nella Terrasanta colpita da una guerra iniziata a seguito degli attacchi di Hamas il 7 ottobre, c’è un piccolo segno di speranza, reso visibile dal restauro della Basilica della Natività di Betlemme. Sponsorizzato dallo Stato di Palestina, il restauro della Basilica è stato esposto in una mostra nella chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma, inaugurata dal presidente palestinese Mahmoud Abbas che la ha visitata dopo l’incontro con Leone XIV lo scorso 6 novembre. L’inaugurazione è stata preceduta da una messa presieduta dal vescovo William Shomali, ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme.
Nel suo saluto di benvenuto, Issa Kassisieh, ambasciatore di Palestina presso la Santa Sede, ha notato che l’arrivo della mostra a Roma ha luogo “in un momento fortemente simbolico”, mentre “un fragile cessate il fuoco nella nostra patria offre piccolo, seppur prezioso, barlume di pace”, e per questo la mostra “emerge come una risposta spirituale alla richiesta del mondo per la guarigione”, ricordando che “anche nel silenzio che segue la sofferenza, la luce di Betlemme continua a splendere, invitando l’umanità a tornare a compassione, riconciliazione e fede”.
Insomma, la mostra – ha detto l’ambasciatore – porta “un messaggio che trascende politica e confini”, e per questo è “più dell’esibizione di un restauro”, ma piuttosto “un dialogo spirituale tra il passato il presente”.
L’ambasciatore Kassisieh ha notato che nel 2025 si ricorda anche il decimo anniversario della canonizzazione di due sante palestinesi, Mariam Bawardi a Maria Alfonsina, “la cui santità resta un radioso simbolo di grazia che unisce Betlemme e Roma”.
La mostra è per l’ambasciatore anche l’occasione di “incoraggiare i pellegrinaggi e il turismo a Betlemme – in Palestina, nella Terra Santa”, perché “oggi la stella sulla grotta splenda ancora una volta, ricordando al mondo che il messaggio di Gesù è nato a Betlemme e illumina ancora il percorso dell’umanità”.
Ramzi Khoury, a capo dell’Alto Comitato per gli Affari della Chiesa di Palestina, ha sottolineato che da Betlemme si elevano “le nostre preghiere più sentite per la pace e la giustizia nella Palestina ferita, invocando il signore affinché abbia misericordia dei nostri fratelli a Gaza, asciughi le lacrime dei sofferenti e ridoni vita a quanto è stato distrutto dalla guerra”.
La Basilica della Natività, ha ricordato Khoury, “non subiva interventi da sei secoli”, e ha una custodia condivisa tra Patriarcato Greco-Ortodossi, Custodia di Terra Santa e Patriarcato Armeno.
Khoury ha anche invitato “i fedeli di tutto il mondo a pellegrinare a Betlemme, a Gerusalemme e in tutta la Terra Santa, per proseguire insieme nella celebrazione del Giubileo della Speranza e della Fede”, portando una presenza a Betlemme chiamata ad essere “un segno di solidarietà con un popolo saldo sulla propria terra, un sostegno alla presenza cristiana autentica in Palestina e un ponte di dialogo e comunione tra il Vaticano e la Terra di Santità, la Palestina”.
Nella sua omelia, il vescovo William Shomali, ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha sottolineato che la mostra “mette la Terra Santa ancora una volta al centro dell’attenzione mondiale”, con l’attenzione però “non focalizzata sul numero di morti o sulla quantità di cibo dei camion entrati a Gaza”.
Il vescovo Shomali ha detto che il territorio tra il Mar Mediterraneo e il Giordano è “conosciuto con diversi nomi”, e che politicamente è Israele e Palestina, e spiritualmente e culturalmente è “Terra Santa”. Santa perché “conserva la memoria degli eventi della salvezza portati avanti da Gesù”.
Shomali ha ricordato le parole di Paolo VI, che nel 1964, pellegrino in Terra Santa, chiedeva pace, e ribadito che “questa pace ancora manca”, mentre “abbiamo vissuto una terribile guerra, seguita da un fragile cessate il fuoco”.
Ma è una Terra Santa anche “a causa delle persone sante che vi hanno vissuto con profonda fede, compassione ed eroico perdono”, come Mosè ed Abramo, Giovanni Battista, la Vergine Maria e i primi apostoli, nonché le due sante palestinesi canonizzate dieci anni fa.
Shomali ha rimarcato l’importanza della preghiera, e affermato che “la pace è possibile. Nella Terra Santa c’è abbastanza spazio perché due popoli vivano fianco a fianco, ognuno nel suo stato, con piena armonia e cooperazione.
FOCUS LIBERTÀ RELIGIOSA
Un incontro sulla libertà religiosa al ministeriale di Praga
Una dichiarazione per riaffermare la necessità di avere libertà religiosa per tutti, compresi coloro che sostengono gli insegnamenti tradizionali sulla natura umana, è stata redatta al termine di un incontro a margine della Conferenza di Alto Livello dell’Article 18 Alliance, ovvero il V ministeriale per l’avanzamento della Libertà religiosa che si è tenuto il 12 – 13 novembre a Praga.
La dichiarazione è stata successivamente presentata agli Stati membri dell’Alleanza. L’incontro univa rappresentanti governativi e non governativi a difesa della libertà religiosa, ed è stato convocato per
per discutere le risposte ai recenti rapporti di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell’OSCE (ODIHR), dell’Osservatorio sull’Intolleranza e la Discriminazione contro i Cristiani in Europa (OIDAC Europa) e di Hungary Helps, che confermano un preoccupante aumento globale della persecuzione e della discriminazione contro i cristiani.
L’evento è stato co-organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre (Königstein), dalla Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (Bruxelles), dall’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa (Vienna), dal Religious Freedom Institute (Washington, D.C.) e dalla Segreteria di Stato ungherese per l’aiuto ai cristiani perseguitati (Budapest).
Durante il panel, Marcela Szymanski, Responsabile dell’Advocacy Internazionale di ACN International, ha presentato i risultati del rapporto “Aiuto alla Chiesa Che Soffre : Religious Freedom in the World 2025″, che mostra come 5,4 miliardi di persone, circa il 65% della popolazione mondiale, vivano in Paesi con gravi o gravissime violazioni della libertà religiosa. Secondo ACS, questo forte declino della libertà religiosa a livello globale è dovuto a conflitti regionali, alla rinascita di regimi autoritari, al terrorismo jihadista e alle migrazioni di massa. “Dietro molte delle violazioni della libertà religiosa a livello globale ci sono autocrati assetati di potere, che fanno pressione sui leader della libertà religiosa affinché adottino le proprie idee o vadano incontro all’estinzione”, ha riassunto Szymanski, riferendosi a Paesi come Venezuela e Russia. Il rapporto ha inoltre rilevato restrizioni crescenti all’obiezione di coscienza e attacchi ai siti cristiani nei Paesi occidentali.
Anja Tang, Direttore Esecutivo di OIDAC Europa, ha ribadito tali preoccupazioni, citando i recenti risultati di OIDAC relativi ai crimini d’odio anticristiani in Europa. Ha osservato che gli episodi di violenza, tra cui l’omicidio di un rifugiato cristiano assiro in Francia e l’uccisione di un monaco spagnolo in un attacco a un monastero, non hanno ricevuto sufficiente riconoscimento nel dibattito pubblico.
Tang ha anche fatto riferimento a un numero crescente di casi legali che limitano il diritto dei credenti di esprimere le proprie convinzioni, mettendo in luce come sempre più cristiani in Europa “sono perseguiti per aver espresso pacificamente le proprie convinzioni o per aver insegnato gli insegnamenti cristiani tradizionali su questioni morali – ha osservato Tang – Sebbene i tribunali a volte difendano i loro diritti, ciò accade spesso solo dopo lunghe e costose battaglie legali, che di per sé costituiscono una punizione”.
Todd Huizinga, ex diplomatico statunitense, co-fondatore del Transatlantic Christian Council, ha presentato le recenti iniziative statunitensi per rafforzare la libertà religiosa, tra cui l’istituzione di una Commissione per la Libertà Religiosa e di una Task Force per Sradicare i Pregiudizi Anticristiani. Secondo Huizinga, la libertà di esprimere e di vivere l’insegnamento cristiano tradizionale è stata sempre più limitata da un’“ortodossia morale post-cristiana”, come dimostrato dai risultati del primo rapporto della Task Force.
Márk Aurél Érszegi, Consigliere Speciale per la Religione e la Diplomazia presso il Ministero degli Affari Esteri e del Commercio ungherese, ha ricordato che l’ufficio del Ministero è stato deliberatamente denominato “per l’aiuto ai cristiani perseguitati” per sensibilizzare l’opinione pubblica in un contesto diplomatico occidentale che raramente riconosce la persecuzione cristiana. Attraverso il Programma Hungary Helps, questo ufficio fornisce un sostegno finanziario mirato alle comunità cristiane colpite, aiutando i sopravvissuti e rafforzando la resilienza locale. “Anche i Paesi più piccoli possono fare davvero la differenza sul campo”, ha osservato. Erszegi ha chiesto una maggiore cooperazione internazionale, in particolare nell’Europa centrale.
I partecipanti hanno anche discusso della Guida ODIHR/OSCE “Comprendere i crimini d’odio anticristiani e affrontare le esigenze di sicurezza delle comunità cristiane”, che richiede misure di sicurezza più efficaci per le chiese e gli individui. La guida avverte che “i crimini d’odio anticristiani non si verificano nel vuoto”, ma possono essere alimentati da “discorsi e narrazioni politiche che perpetuano pregiudizi e stereotipi anticristiani”.
In risposta a queste sfide, i partecipanti hanno sottolineato la necessità che gli Stati membri dell’Article 18 Alliance affrontino la questione direttamente e riaffermino il loro impegno a proteggere la libertà di religione o di credo per tutti.
Todd Huizinga, a nome degli organizzatori, ha dunque annunciato la redazione di una dichiarazione che affermi la libertà religiosa per tutti, compresi coloro che sostengono gli insegnamenti religiosi tradizionali sul matrimonio, la famiglia e la natura umana, sarà sottoposta all’esame degli Stati membri dell’Article 18 Alliance.
“Riteniamo – ha detto Huzinga – che questa dichiarazione possa avere un effetto concreto, non solo nel salvaguardare la libertà religiosa per tutti, ma anche nel rafforzare la comprensione reciproca, la tolleranza e la pace nelle nostre società pluralistiche”.
FOCUS AI
Intelligenza artificiale e medicina, la dichiarazione finale
C’è anche un possibile risvolto diplomatico, nella dichiarazione finale del convegno “Intelligenza Artificiale e Medicina”, organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita e la Federazione Internazionale dei Medici Cattolici, che si è tenuto dal 10 al 12 novembre. Perché la Santa Sede ha portato i temi dell’intelligenza artificiale nelle arene diplomatiche e nel dialogo interreligioso. Perché la questione della “mitigazione umana” dell’uso dell’intelligenza artificiale è sempre presente nei discorsi della Santa Sede sul piano multilaterale, soprattutto quando si parla di armi letali autonome. E perché l’idea di una “autorità mondiale con competenze universali” per l’intelligenza artificiale, lanciata dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher alle Nazioni Unite nel 2024 comprende anche i temi dello sviluppo medico.
Cosa dice, dunque, la dichiarazione finale? Sottolinea che “una riflessione etica sull’intelligenza artificiale” rende importante “non limitarsi solo alla considerazione delle performance che permette”, ma anche sull’impatto che “ha sulle relazioni personali e sociali”, perché “nelle nuove tecnologie digitali sono in gioco non solo principi e diritti, ma anche la specificità e l’originalità della mente umana”.
Sul tema della salute, poi, è cruciale che “l’intelligenza artificiale sia un aiuto che migliora il giudizio clinico, supporti l’accuratezza diagnostica e migliori le prestazioni sul paziente”.
I principi critici per la pratica medica dell’Intelligenza artificiale riguardano: la supervisione e il giudizio clinico, perché l’intelligenza artificiale deve subordinarsi al medico, che “non deve essere ipnotizzato dal fascino dei risultati tecnologici”.
C’è poi il tema della trasparenza e dell’interpretabilità, perché i medici devono sempre capire su quali basi “ragiona” l’intelligenza artificiale”.
Quindi, va affrontata la questione della privacy dei dati e il consenso del paziente, e infine la questione della responsabilità e degli errori di competenza. Perché “se gli errori possono essere risultato di un fallimento di programmazione e supervisione”, è “importante differenziare quando l’errore può essere attribuito al dottore per l’improprio uso di questi sistemi”.
Infine, la dichiarazione parla di “accesso e trasparenza”, perché l’intelligenza artificiale “non dovrebbe ampliare il gap tra i setting poveri e ricchi di risorse”.
FOCUS USA
L’impegno dell’ambasciatore Burch per la libertà religiosa in Cina
Dopo aver pregato nella basilica di San Bartolomeo all’isola lo scorso 28 ottobre insieme a Sebastian Lai, il figlio dell’imprenditore di Hong Kong Jimmy Lai incarcerato in Cina, Brian Burch, ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, continua il suo impegno per la libertà religiosa in Cina e incontra in ambasciata Jin Drexel, figlia del pastore cinese Ezra Jin. L’incontro è avvenuto nel corso della scorsa settimana, ed è stato comunicato dall’ambasciata attraverso i suoi canali social. L’ambasciata sottolinea che Burch “ha ribadito la richiesta del Segretario di Stato Rubio di appellarsi alla Repubblica Popolare Cinese per rilasciare i leader della Chiesa detenuti e per permettere a tutte le persone di fede di impegnarsi liberamente in attività religiose senza rappresaglie”.
Nella scorsa settimana, più di 500 leader membri della Chiesa provenienti da 45 nazioni, con stretti legami con la Cina, hanno firmato una “petizione di preghiera online” in solidarietà con i leader arrestati della Chiesa di Sion in Cina, tra cui il pastore Jin “Ezra” Mingri.
La preghiera “riconosce che la libertà religiosa rafforza piuttosto che minaccia la nazione”, e chiede l’immediato rilascio di Jin e degli altri leader della Chiesa di Sion, per creare “un futuro in cui i cristiani di Cina possono liberamente esercitare il loro culto, servire apertamente le loro comunità, e vivere la fede senza paura”.
Il 12 novembre, il Senato USA ha approvato una risoluzione bipartisan che condanna il Partito Comunista Cinese per le detenzioni. All’inizio della settimana, le autorità cinese hanno rilasciato su cauzione quattro leader della Chiesa di Sion, ma almeno altri 18 sono ancora in centri detentivi in Beihai, e dovrebbero ricevere una sentenza formale la prossima settimana.
La Chiesa di Sion – una denominazione protestante – è stata chiusa dalla polizia cinese nel 2018, e da allora a Jin è proibito lasciare della nazione. Lo scorso mese, Jin e altri leader della Chiesa sono stati arrestati.
Nonostante l’arresto del suo leader, la Chiesa di Sion si incontra tuttora ogni domenica, e i sermoni sono diffusi attraverso Zoom e in raduni di persona di un gruppo tra i 5 e i 50 credenti, che si incontrano in case private e ristoranti. La Chiesa è diffusa in oltre 40 città di Cina, ma alcuni pastori vivono all’estero.
JD Vance in Turchia con Leone XIV?
Il vicepresidente USA J.D. Vance sta pensando di visitare la Turchia in concomitanza con il viaggio di Leone XIV, e in particolare di essere a Iznik (Nicea) per il 1700esimo anniversario del Concilio di Nicea.
Vance spera di essere con il Papa durante la commemorazione del Concilio del 325 il 28 novembre, quando Leone XIV e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo terranno una cerimonia ecumenica.
La partecipazione di Vance non è ancora finalizzata e la possibilità del viaggio è in discussione e non è ufficializzata. Secondo fonti USA, Vance arriverà in Medio Oriente il 27 novembre, per celebrare il giorno del Ringraziamento con le truppe americane dislocate lì, e si sposterà in Turchia il 28. Vance potrebbe anche fare una visita di cortesia al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha già incontrato lo scorso settembre durante la visita del presidente turco alla Casa Bianca.
FOCUS AFRICA
Il Kenya verso lo stabilimento di una ambasciata residente presso la Santa Sede
Finora, l’ambasciatore del Kenya presso la Santa Sede risiedeva in Francia, con sede principale a Parigi. Ma la scorsa settimana il governo kenyano ha approvato lo stabilimento di una nuova ambasciata presso la Santa Sede, e si attende solo la conferma della Santa Sede perché si stabilisca una nuova ambasciata residente.
Lo scorso 12 novembre, l’arcivescovo Hubertus van Megen, nunzio in Kenya, ha detto ad ACI Africa che “l’approvazione è venuta in serata, ma non abbiamo ancora conferma”. Il nunzio ha messo in luce che è ancora necessario il consenso formale della Santa Sede.
Il Gabinetto della Casa dello Stato di Nairobi, presieduta dal presidente del Kenya William Samoei Ruto, ha approvato lo stabilimento dell’ambasciata l’11 novembre scorso, come parte di una ampia strategia di affrontare le relazioni bilaterali e migliorare la cooperazione nella costruzione della pace, l’azione climatica e le iniziative umanitarie, nonché una migliore cooperazione con le agenzie cattoliche di sviluppo, che gestiscono più di 7.700 scuole e 500 strutture sanitarie in Kenya.
Santa Sede e Kenya hanno relazioni diplomatiche dal 1965, e la Chiesa ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo del Kenya.
FOCUS MEDIO ORIENTE
La Siria riuscirà a ricostruirsi dopo gli attacchi alle chiese?
Lo scorso 6 novembre, le associazioni di diritti umani siriane hanno riportato che Hamza Shaheen, medico druso molto rispettato, è stato trovato morto. Era stato rapito vicino a Damasco da uomini armati, ed era stato torturato.
È l’ultimo di una serie di attacchi continui contro i cristiani e altre minoranze in Siria per mano di islamisti, alcuni dei quali affiliati con il nuovo governo ad interim siriano.
Per questo, l’organizzazione “Save the Persecuted Christians” ha chiesto al presidente Donald Trump di fare pressione perché si crei un corridoio umanitario nella regione a Sud di Sweida durante i colloqui con il presidente siriano Ahmed al-Sharaa alla Casa Bianca il 10 novembre. La visita era la prima di un presidente siriano negli Stati Uniti.
Circa il 90 per cento degli aiuti alla Siria, distribuiti attraverso Damasco, non arriva a Sweida, dove vivono le comunità druse e cristiane.
L’arcivescovo Jacques Mourad ha avvertito che “la Chiesa in Siria sta morendo”, dato che sempre più cristiani lasciano il Paese a causa della violenza settaria che si è stabilita a seguito della prese del potere islamista nel Paese.
Parlando alla presentazione del Rapporto sulla Libertà Religiosa nel mondo di Aiuto alla Chiesa che Soffre lo scorso 30 ottobre, l’arcivescovo Mourad, della diocesi siro-cattolica di Homs, ha detto che “il popolo siriano continua a soffrire violenza, rappresaglie e tragici e biasimevoli eventi che mettono a rischio tutte le richieste internazionali e quella popolari di porre fine a questo bagno di sangue”.
Mourad ha aggiunto che “le persone sono sotto ogni sorta di pressione. Non credo che stiamo andando verso una più ampia libertà, che sia religiosa o di altro tipo”.
Quando la guerra è iniziata nel 2011, la Siria era casa per 2,1 milioni di cristiani. Oggi, si stima che i cristiani siano 540 mila e le comunità hanno perso speranza nel governo sunnita del presidente al-Sharaa, che in passato era un leader di al-Qa’ida.
Gli attivisti per la libertà religiosa hanno chiesto una maggiore sicurezza a fronte dell’escalation di violenza contro i cristiani, a seguito dei recenti massacri dei drusi nella provincia sud di Sweida e degli alawiti nella regione di Latakia.
Il Patriarca ortodosso di Antiochia Giovanni X ha detto al presidente al Sharaa che i crescenti incidenti anticristiani “non sono stati né investigati né puniti dalle forze di sicurezza del governo”.
In particolare, a Sweida sono state bruciate circa 60 case e chiese cristiane, mentre circa 2 mila combattenti e civili sono stati uccisi lì in uno dei peggiori scoppi di violenza settaria dalla presa del potere di al-Sharaa.
FOCUS ASIA
L’arcivescovo Gallagher malato in Sri Lanka
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher è stato in Sri Lanka dal 3 all’8 novembre, ma durante la visita è stato ricoverato per un episodio cardiaco minore, il che gli ha costretto ad annullare alcuni appuntamenti previsti nel viaggio. Ne danno notizia i media locali.
La visita segnava il “giubileo” delle relazioni diplomatiche tra il Sri Lanka e la Santa Sede. Il malore di Gallagher, trattato nell’ospedale di Colombo, ha portato alla cancellazione di un incontro programmato a Kandy con prelati buddisti che provengono dai capitoli più influenti dello Sri Lanka, e una visita nella regione di Galle, colpita da uno tsunami.
Tuttavia, padre Jude Krishantha Fernando, portavoce dell’arcidiocesi di Colombo, ha sottolineato che Gallagher ha poi incontrato un gruppo di monaci buddisti, inclusi rappresentanti dal Kelaniya Raja Maha Viharaya, dopo le sue dimissioni dall’ospedale.
Filippine, i vescovi chiedono una commissione verità e riconciliazione sulle esecuzioni extragiudiziali
I vescovi filippini, sotto la presidenza del Cardinale Pablo Virgilio David, vescovo di Kalookan, si sono uniti a gruppi della società civile e famiglie di vittime delle esecuzioni extragiudiziali firmando una lettera indirizzata al presidente Ferdinand Marco Jr. Nella lettera, hanno chiesto la costituzione di una “Commissione per la verità” per indagare agli omicidi legati alla guerra della droga sotto il regime dell’ex presidente Rodrigo Duterte.
La lettera è stata annunciata dal Cardinale David in una conferenza stampa a Mandaluyong City lo scorso 7 novembre, giorno in cui è stata firmata. La lettera definisce come “necessaria” una commissione nazionale per la verità e la riconciliazione come passo verso la giustizia e la guarigione del Paese dalla violenza causata dalla guerra alla droga dell’amministrazione precedente.
La commissione andrebbe a fornire una risposta alle famiglie delle vittime, secondo il cardinale. Famiglie, ha aggiunto, che sono ancora in lutto per aver perso i loro cari, insieme ai quali hanno “perso il senso di sicurezza, la fiducia nelle istituzioni pubbliche e, spesso, i mezzi di sussistenza”.
Il cardinale David ha notato che la sua diocesi di Kalookan è ancora devastata dalla guerra alla droga, e le inchieste parlamentari sul tema sono fallite.
David ha anche sostenuto una necessaria trasparenza per mettere luce sulla corruzione nei progetti di controllo delle inondazioni. Il cardinale ha citato testimoni che hanno avuto il coraggio di presentarsi davanti al Congresso filippino per raccontare gli omicidi sistematici e l’uso illecito di fondi pubblici per finanziarli.
E tuttavia, questa audizioni sono rimaste “senza una chiara conclusione”, perché non chiamano i responsabili a rispondere dell’accaduto, nonostante migliaia di casi siano elencati come Deaths Under Investigation (decessi sotto indagine, DUI).
La Commissione per la Verità e Riconciliazione non opererebbe una “vendetta”, ma piuttosto promuoverebbe “la verità e il ripristino della fiducia, della dignità e della giustizia per ogni filippino”, dando al governo un’“opportunità storica” per dimostrare che il Paese “sceglie il coraggio, la responsabilità e la riconciliazione invece della paura, dell’indifferenza e del silenzio”.
L’ex presidente Rodrigo Duterte avviò la “guerra alla droga” il 30 giugno 2016, quando entrò in carica. Questa politica ha ucciso almeno 12mila filippini, per lo più persone povere che vivevano nelle città, e la Philippine National Police è stata ritenuta responsabile di almeno 2.555 dei decessi. Secondo i gruppi della società civile, il numero reale delle vittime della guerra alla droga è di più di 30 mila.
Dopo l’arresto effettuato nelle Filippine l’11 marzo scorso (chiesto da anni ma reso possibile solo dalla rottura dell’alleanza politica con Marcos ndr), attualmente Rodrigo Duterte resta sotto la custodia della Corte Penale Internazionale all’Aia, in attesa dell’inizio del processo per i presunti crimini contro l’umanità che gli si imputano nelle Filippine.
FOCUS EUROPA
Slovenia, i vescovi contro la legge sull’interruzione di gravidanza
La Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Slovena ha redatto una dichiarazione pubblica in vista del referendum sulla legge sull’interruzione volontaria della vita assistita, che si terrà il prossimo 23 novembre. In cinque punti, la Commissione sottolinea perché la legge proposta è pericolosa “per l’individuo e per la società”.
Il primo punto sottolinea che “la vita è un dono, non una decisione”. Quindi, il secondo punto sottolinea che “la compassione significa aiutare a vivere, non a morire”. Il terzo punto sostiene che “dove c’è sofferenza, c’è opportunità d’amore”, anche perché “i casi di dolore insopportabile nell’ultimo periodo della vita, con cure palliative adeguate, sono molto rari e sono principalmente dovuti a cure inadeguate e incomplete per il paziente”.
Il quarto punto mette in luce che “il ruolo del medico è curare, non uccidere”.
Infine, il fatto che “la morte può diventare anche un dovere”. La commissione dei vescovi nota che “laddove il suicidio assistito è consentito, i confini si stanno gradualmente ampliando: dai malati terminali ai disabili, ai malati mentali e persino agli stanchi della vita”, e che “quando la morte diventa un’opzione può anche diventare un obbligo”.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a New York, la questione palestinese
Il 13 novembre si è tenuta presso la sede delle Nazioni Unite a New York una discussione sull’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA).
L’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite,
ha ribadito il sostegno della Santa Sede alla soluzione a due Stati e ha esortato la comunità internazionale a perseguire la pace attraverso il dialogo e la cooperazione.
Il nunzio ha elogiato l’importante opera umanitaria dell’UNRWA nella regione e ha chiesto un rafforzamento del sostegno politico e finanziario.
La Santa Sede ha detto che è fondamentale che l’operato dell’UNRWA rimanga saldamente radicato nei principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza, e per questo ha condannato gli attacchi alle strutture dell’UNRWA e ha sottolineato la necessità di rispettare il diritto internazionale umanitario.
L’Arcivescovo Caccia ha concluso sottolineando l’importanza di salvaguardare il mandato dell’UNRWA e di garantire che il suo operato rimanga radicato nei principi di umanità, neutralità e pace.
La Santa Sede a Ginevara, il conflitto in Sudan
Il 14 novembre si è tenuto al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra una sessione speciale sulla situazione dei diritti umani intorno alla città di El Fasher nel contesto del conflitto in corso in Sudan.
Nel suo intervento, la Santa Sede si è detta preoccupata per le notizie provenienti dal Sud Sudan.
In particolare, la Santa Sede ha notato che “le cliniche cattoliche e le comunità nelle zone di conflitto sono state costrette a chiudere o a operare in condizioni difficilissime, e il loro personale è sotto minaccia o costretto a ricollocarsi”.
Ciononostante, nota la Santa Sede, le istituzioni cattoliche stanno fornendo “supporto cruciale alle famiglie sfollate”, senza alcun riconoscimento formale o finanziamento adeguato, mentre si sottolinea che i network e la voce morale della Chiesa hanno valore inestimabile, sebbene “non sufficientemente supportati”.
La Santa Sede sottolinea che il Sudan ha bisogno di “aiuto umanitario sostenuto e sforzi diplomatici immediati”, e chiede che “la comunità internazionale agisca con determinazione e generosità per fornire assistenza a supporto a quanti lavorano infaticabilmente per dare sostegno alla popolazione sofferente”.
FOCUS AMBASCIATORI
FOCUS AMBASCIATORI
L’ambasciatore del Ghana presenta le credenziali a Leone XIV
Il 13 novembre, Ben Batabe Assorow, ambasciatore del Ghana presso la Santa Sede, ha presentato le lettere credenziali a Leone XIV.
Classe 1956, con quattro figli, Batabe Assorow ha un curriculum da giornalista internazionale, che lo ha portato anche a Roma, dove, tra l’altro, ha studiato per un biennio missiologia e comunicazione presso la Pontificia Università Gregoriana.
Tra i suoi incarichi c’è stato anche quello di direttore delle Comunicazioni del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madascar (SECAM) dal 2005 al 2016. Dal 2019 al 2025 è stato membro della National Media Commission.
L’ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede presenta le credenziali
Il 15 novembre, Despina Poulou, ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede, ha presentato le credenziali a Leone XIV.
Classe 1970, ha una lunga carriera diplomatica cominciata nel 1997, che la ha vista servire in Albania, Giappone, Germania Russia e Svezia. È il suo primo incarico da ambasciatore, dopo essere stata ministro della Direzione per l’Europa Sud-Orientale.
FOCUS NUNZI
Morto l’arcivescovo Causero
Ambasciatore di lungo corso in alcuni dei territori più caldi del mondo, l’arcivescovo Diego Causero, 85 anni, è morto il 14 novembre per delle complicazioni di una infezione.
Nato nel 1940, sacerdote dal 1963, liturgista dottorato a Sant’Anselmo nel 1966, cominciò gli studi nella Pontificia Accademia Ecclesiastica nel 1969.
Nel 1973 entrò nei ranghi della diplomazia della Santa Sede. Il suo ministero diplomatico si svolse tra Nigeria, Spagna, Siria, Australia e Albania e Nazioni Unite.
Nel 1992 Papa Giovanni Paolo II nominò Causero arcivescovo, consacrandolo personalmente il 6 gennaio 1993 e assegnandogli la sede titolare di Meta, in Algeria. Mons. Causero iniziò immediatamente il servizio di Nunzio apostolico – l’equivalente diplomatico del grado di ambasciatore, per conto della Santa Sede –, prendendo servizio innanzitutto in Ciad, poi – dal 1993 – in Repubblica Centrafricana e Repubblica del Congo fino al 1996.
Dopo una breve pausa dall’incarico di nunziatura, nel 1999 per mons. Causero arrivò la chiamata in Siria, sempre come Nunzio apostolico. In Medio Oriente Causero visse i drammatici anni successivi all’11 settembre e all’inizio del regime di Bashar al-Assad. Nel 2001 fu nominato Arcivescovo titolare della sede di Grado.
Il 6 maggio 2001 mons. Diego Causero fu tra gli organizzatori della storica visita di Giovanni Paolo II in Siria, che ebbe carattere di pellegrinaggio sulle orme di San Paolo. Nel corso di quella memorabile giornata, il pontefice polacco fu il primo Papa a entrare in preghiera nella Grande Moschea degli Omayyadi di Damasco.
Nel 2004 l’arcivescovo Causero fu trasferito in Repubblica Ceca. Nell’est Europa il diplomatico friulano rimase sette anni, fino a quando – nel 2011, fu assegnato alla nunziatura di Svizzera e Liechtenstein.
Nel 2015 il nunzio lasciò gli incarichi diplomatici per raggiunti limiti di età e rientrò in Friuli.
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Diplomazia pontificia, il restauro della Natività di Betlemme
Da
Diplomazia pontificia, il restauro della Natività di Betlemme:
È stata inaugurata la scorsa settimana a Roma la mostra “Betlehem Reborn”, Betlemme rinata, che mette in luce il lavoro di restauro della Basilica della Natività di Betlemme. Il restauro, di per sé storico, mette in luce anche l’impegno della Palestina nella protezione dei luoghi cristiani, mentre la situazione in Terra Santa diventa sempre più complessa e si registra anche un moltiplicarsi degli attacchi dei coloni israeliani.
Durante il Quinto Ministeriale per l’Avanzamento della Libertà Religiosa, tenutosi a Praga il 12-13 novembre, si è tenuto anche un evento laterale, organizzato presso la locale ambasciata d’Ungheria, che ha visto la partecipazione dell’Osservatorio sull’Intolleranza e la Discriminazione dei Cristiani in Europa e della sezione internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre.
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha avuto un malore durante la sua visita in Sri Lanka del 3-8 novembre. DAL 10 al 12 novembre, si è tenuta in Vaticano una conferenza su “AI e Medicina”, organizzata dalla Pontificia Accademia per la Vita e dalla Federazione Mondiale dei Medici Cattolici. La dichiarazione finale della conferenza tocca diversi temi diplomatici. Il Kenya va verso lo stabilimento di un’ambasciata residente presso la Santa Sede. L’ambasciatore USA presso la Santa Sede prosegue nelle sue iniziative a favore della libertà religiosa in Cina.
La prossima settimana, in occasione della commemorazione dell’Homolodor – la carestia provocata dai sovietici negli Anni Trenta che sterminò la popolazone ucraina – il Cardinale Pietro Parolin celebrerà il 20 novembre una Messa per gli ucraini. Durante la settimana ci sarà anche Andryi Yermak, capo ufficio del presidente Zelensky, che avrà un breve scambio con Leone XIV durante il baciamano dell’udienza del mercoledì, dove porterà alcuni dei bambini tornati a casa grazie anche alla mediazione vaticana. Yermak avrà anche incontri con il cardinale Parolin e Gallagher, e con il cardinale Zuppi.
FOCUS TERRASANTA
“Betlemme rinata”, una mostra per la Basilica della Natività
Nella Terrasanta colpita da una guerra iniziata a seguito degli attacchi di Hamas il 7 ottobre, c’è un piccolo segno di speranza, reso visibile dal restauro della Basilica della Natività di Betlemme. Sponsorizzato dallo Stato di Palestina, il restauro della Basilica è stato esposto in una mostra nella chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma, inaugurata dal presidente palestinese Mahmoud Abbas che la ha visitata dopo l’incontro con Leone XIV lo scorso 6 novembre. L’inaugurazione è stata preceduta da una messa presieduta dal vescovo William Shomali, ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme.
Nel suo saluto di benvenuto, Issa Kassisieh, ambasciatore di Palestina presso la Santa Sede, ha notato che l’arrivo della mostra a Roma ha luogo “in un momento fortemente simbolico”, mentre “un fragile cessate il fuoco nella nostra patria offre piccolo, seppur prezioso, barlume di pace”, e per questo la mostra “emerge come una risposta spirituale alla richiesta del mondo per la guarigione”, ricordando che “anche nel silenzio che segue la sofferenza, la luce di Betlemme continua a splendere, invitando l’umanità a tornare a compassione, riconciliazione e fede”.
Insomma, la mostra – ha detto l’ambasciatore – porta “un messaggio che trascende politica e confini”, e per questo è “più dell’esibizione di un restauro”, ma piuttosto “un dialogo spirituale tra il passato il presente”.
L’ambasciatore Kassisieh ha notato che nel 2025 si ricorda anche il decimo anniversario della canonizzazione di due sante palestinesi, Mariam Bawardi a Maria Alfonsina, “la cui santità resta un radioso simbolo di grazia che unisce Betlemme e Roma”.
La mostra è per l’ambasciatore anche l’occasione di “incoraggiare i pellegrinaggi e il turismo a Betlemme – in Palestina, nella Terra Santa”, perché “oggi la stella sulla grotta splenda ancora una volta, ricordando al mondo che il messaggio di Gesù è nato a Betlemme e illumina ancora il percorso dell’umanità”.
Ramzi Khoury, a capo dell’Alto Comitato per gli Affari della Chiesa di Palestina, ha sottolineato che da Betlemme si elevano “le nostre preghiere più sentite per la pace e la giustizia nella Palestina ferita, invocando il signore affinché abbia misericordia dei nostri fratelli a Gaza, asciughi le lacrime dei sofferenti e ridoni vita a quanto è stato distrutto dalla guerra”.
La Basilica della Natività, ha ricordato Khoury, “non subiva interventi da sei secoli”, e ha una custodia condivisa tra Patriarcato Greco-Ortodossi, Custodia di Terra Santa e Patriarcato Armeno.
Khoury ha anche invitato “i fedeli di tutto il mondo a pellegrinare a Betlemme, a Gerusalemme e in tutta la Terra Santa, per proseguire insieme nella celebrazione del Giubileo della Speranza e della Fede”, portando una presenza a Betlemme chiamata ad essere “un segno di solidarietà con un popolo saldo sulla propria terra, un sostegno alla presenza cristiana autentica in Palestina e un ponte di dialogo e comunione tra il Vaticano e la Terra di Santità, la Palestina”.
Nella sua omelia, il vescovo William Shomali, ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha sottolineato che la mostra “mette la Terra Santa ancora una volta al centro dell’attenzione mondiale”, con l’attenzione però “non focalizzata sul numero di morti o sulla quantità di cibo dei camion entrati a Gaza”.
Il vescovo Shomali ha detto che il territorio tra il Mar Mediterraneo e il Giordano è “conosciuto con diversi nomi”, e che politicamente è Israele e Palestina, e spiritualmente e culturalmente è “Terra Santa”. Santa perché “conserva la memoria degli eventi della salvezza portati avanti da Gesù”.
Shomali ha ricordato le parole di Paolo VI, che nel 1964, pellegrino in Terra Santa, chiedeva pace, e ribadito che “questa pace ancora manca”, mentre “abbiamo vissuto una terribile guerra, seguita da un fragile cessate il fuoco”.
Ma è una Terra Santa anche “a causa delle persone sante che vi hanno vissuto con profonda fede, compassione ed eroico perdono”, come Mosè ed Abramo, Giovanni Battista, la Vergine Maria e i primi apostoli, nonché le due sante palestinesi canonizzate dieci anni fa.
Shomali ha rimarcato l’importanza della preghiera, e affermato che “la pace è possibile. Nella Terra Santa c’è abbastanza spazio perché due popoli vivano fianco a fianco, ognuno nel suo stato, con piena armonia e cooperazione.
FOCUS LIBERTÀ RELIGIOSA
Un incontro sulla libertà religiosa al ministeriale di Praga
Una dichiarazione per riaffermare la necessità di avere libertà religiosa per tutti, compresi coloro che sostengono gli insegnamenti tradizionali sulla natura umana, è stata redatta al termine di un incontro a margine della Conferenza di Alto Livello dell’Article 18 Alliance, ovvero il V ministeriale per l’avanzamento della Libertà religiosa che si è tenuto il 12 – 13 novembre a Praga.
La dichiarazione è stata successivamente presentata agli Stati membri dell’Alleanza. L’incontro univa rappresentanti governativi e non governativi a difesa della libertà religiosa, ed è stato convocato per
per discutere le risposte ai recenti rapporti di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell’OSCE (ODIHR), dell’Osservatorio sull’Intolleranza e la Discriminazione contro i Cristiani in Europa (OIDAC Europa) e di Hungary Helps, che confermano un preoccupante aumento globale della persecuzione e della discriminazione contro i cristiani.
L’evento è stato co-organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre (Königstein), dalla Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (Bruxelles), dall’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa (Vienna), dal Religious Freedom Institute (Washington, D.C.) e dalla Segreteria di Stato ungherese per l’aiuto ai cristiani perseguitati (Budapest).
Durante il panel, Marcela Szymanski, Responsabile dell’Advocacy Internazionale di ACN International, ha presentato i risultati del rapporto “Aiuto alla Chiesa Che Soffre : Religious Freedom in the World 2025″, che mostra come 5,4 miliardi di persone, circa il 65% della popolazione mondiale, vivano in Paesi con gravi o gravissime violazioni della libertà religiosa. Secondo ACS, questo forte declino della libertà religiosa a livello globale è dovuto a conflitti regionali, alla rinascita di regimi autoritari, al terrorismo jihadista e alle migrazioni di massa. “Dietro molte delle violazioni della libertà religiosa a livello globale ci sono autocrati assetati di potere, che fanno pressione sui leader della libertà religiosa affinché adottino le proprie idee o vadano incontro all’estinzione”, ha riassunto Szymanski, riferendosi a Paesi come Venezuela e Russia. Il rapporto ha inoltre rilevato restrizioni crescenti all’obiezione di coscienza e attacchi ai siti cristiani nei Paesi occidentali.
Anja Tang, Direttore Esecutivo di OIDAC Europa, ha ribadito tali preoccupazioni, citando i recenti risultati di OIDAC relativi ai crimini d’odio anticristiani in Europa. Ha osservato che gli episodi di violenza, tra cui l’omicidio di un rifugiato cristiano assiro in Francia e l’uccisione di un monaco spagnolo in un attacco a un monastero, non hanno ricevuto sufficiente riconoscimento nel dibattito pubblico.
Tang ha anche fatto riferimento a un numero crescente di casi legali che limitano il diritto dei credenti di esprimere le proprie convinzioni, mettendo in luce come sempre più cristiani in Europa “sono perseguiti per aver espresso pacificamente le proprie convinzioni o per aver insegnato gli insegnamenti cristiani tradizionali su questioni morali – ha osservato Tang – Sebbene i tribunali a volte difendano i loro diritti, ciò accade spesso solo dopo lunghe e costose battaglie legali, che di per sé costituiscono una punizione”.
Todd Huizinga, ex diplomatico statunitense, co-fondatore del Transatlantic Christian Council, ha presentato le recenti iniziative statunitensi per rafforzare la libertà religiosa, tra cui l’istituzione di una Commissione per la Libertà Religiosa e di una Task Force per Sradicare i Pregiudizi Anticristiani. Secondo Huizinga, la libertà di esprimere e di vivere l’insegnamento cristiano tradizionale è stata sempre più limitata da un’“ortodossia morale post-cristiana”, come dimostrato dai risultati del primo rapporto della Task Force.
Márk Aurél Érszegi, Consigliere Speciale per la Religione e la Diplomazia presso il Ministero degli Affari Esteri e del Commercio ungherese, ha ricordato che l’ufficio del Ministero è stato deliberatamente denominato “per l’aiuto ai cristiani perseguitati” per sensibilizzare l’opinione pubblica in un contesto diplomatico occidentale che raramente riconosce la persecuzione cristiana. Attraverso il Programma Hungary Helps, questo ufficio fornisce un sostegno finanziario mirato alle comunità cristiane colpite, aiutando i sopravvissuti e rafforzando la resilienza locale. “Anche i Paesi più piccoli possono fare davvero la differenza sul campo”, ha osservato. Erszegi ha chiesto una maggiore cooperazione internazionale, in particolare nell’Europa centrale.
I partecipanti hanno anche discusso della Guida ODIHR/OSCE “Comprendere i crimini d’odio anticristiani e affrontare le esigenze di sicurezza delle comunità cristiane”, che richiede misure di sicurezza più efficaci per le chiese e gli individui. La guida avverte che “i crimini d’odio anticristiani non si verificano nel vuoto”, ma possono essere alimentati da “discorsi e narrazioni politiche che perpetuano pregiudizi e stereotipi anticristiani”.
In risposta a queste sfide, i partecipanti hanno sottolineato la necessità che gli Stati membri dell’Article 18 Alliance affrontino la questione direttamente e riaffermino il loro impegno a proteggere la libertà di religione o di credo per tutti.
Todd Huizinga, a nome degli organizzatori, ha dunque annunciato la redazione di una dichiarazione che affermi la libertà religiosa per tutti, compresi coloro che sostengono gli insegnamenti religiosi tradizionali sul matrimonio, la famiglia e la natura umana, sarà sottoposta all’esame degli Stati membri dell’Article 18 Alliance.
“Riteniamo – ha detto Huzinga – che questa dichiarazione possa avere un effetto concreto, non solo nel salvaguardare la libertà religiosa per tutti, ma anche nel rafforzare la comprensione reciproca, la tolleranza e la pace nelle nostre società pluralistiche”.
FOCUS AI
Intelligenza artificiale e medicina, la dichiarazione finale
C’è anche un possibile risvolto diplomatico, nella dichiarazione finale del convegno “Intelligenza Artificiale e Medicina”, organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita e la Federazione Internazionale dei Medici Cattolici, che si è tenuto dal 10 al 12 novembre. Perché la Santa Sede ha portato i temi dell’intelligenza artificiale nelle arene diplomatiche e nel dialogo interreligioso. Perché la questione della “mitigazione umana” dell’uso dell’intelligenza artificiale è sempre presente nei discorsi della Santa Sede sul piano multilaterale, soprattutto quando si parla di armi letali autonome. E perché l’idea di una “autorità mondiale con competenze universali” per l’intelligenza artificiale, lanciata dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher alle Nazioni Unite nel 2024 comprende anche i temi dello sviluppo medico.
Cosa dice, dunque, la dichiarazione finale? Sottolinea che “una riflessione etica sull’intelligenza artificiale” rende importante “non limitarsi solo alla considerazione delle performance che permette”, ma anche sull’impatto che “ha sulle relazioni personali e sociali”, perché “nelle nuove tecnologie digitali sono in gioco non solo principi e diritti, ma anche la specificità e l’originalità della mente umana”.
Sul tema della salute, poi, è cruciale che “l’intelligenza artificiale sia un aiuto che migliora il giudizio clinico, supporti l’accuratezza diagnostica e migliori le prestazioni sul paziente”.
I principi critici per la pratica medica dell’Intelligenza artificiale riguardano: la supervisione e il giudizio clinico, perché l’intelligenza artificiale deve subordinarsi al medico, che “non deve essere ipnotizzato dal fascino dei risultati tecnologici”.
C’è poi il tema della trasparenza e dell’interpretabilità, perché i medici devono sempre capire su quali basi “ragiona” l’intelligenza artificiale”.
Quindi, va affrontata la questione della privacy dei dati e il consenso del paziente, e infine la questione della responsabilità e degli errori di competenza. Perché “se gli errori possono essere risultato di un fallimento di programmazione e supervisione”, è “importante differenziare quando l’errore può essere attribuito al dottore per l’improprio uso di questi sistemi”.
Infine, la dichiarazione parla di “accesso e trasparenza”, perché l’intelligenza artificiale “non dovrebbe ampliare il gap tra i setting poveri e ricchi di risorse”.
FOCUS USA
L’impegno dell’ambasciatore Burch per la libertà religiosa in Cina
Dopo aver pregato nella basilica di San Bartolomeo all’isola lo scorso 28 ottobre insieme a Sebastian Lai, il figlio dell’imprenditore di Hong Kong Jimmy Lai incarcerato in Cina, Brian Burch, ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, continua il suo impegno per la libertà religiosa in Cina e incontra in ambasciata Jin Drexel, figlia del pastore cinese Ezra Jin. L’incontro è avvenuto nel corso della scorsa settimana, ed è stato comunicato dall’ambasciata attraverso i suoi canali social. L’ambasciata sottolinea che Burch “ha ribadito la richiesta del Segretario di Stato Rubio di appellarsi alla Repubblica Popolare Cinese per rilasciare i leader della Chiesa detenuti e per permettere a tutte le persone di fede di impegnarsi liberamente in attività religiose senza rappresaglie”.
Nella scorsa settimana, più di 500 leader membri della Chiesa provenienti da 45 nazioni, con stretti legami con la Cina, hanno firmato una “petizione di preghiera online” in solidarietà con i leader arrestati della Chiesa di Sion in Cina, tra cui il pastore Jin “Ezra” Mingri.
La preghiera “riconosce che la libertà religiosa rafforza piuttosto che minaccia la nazione”, e chiede l’immediato rilascio di Jin e degli altri leader della Chiesa di Sion, per creare “un futuro in cui i cristiani di Cina possono liberamente esercitare il loro culto, servire apertamente le loro comunità, e vivere la fede senza paura”.
Il 12 novembre, il Senato USA ha approvato una risoluzione bipartisan che condanna il Partito Comunista Cinese per le detenzioni. All’inizio della settimana, le autorità cinese hanno rilasciato su cauzione quattro leader della Chiesa di Sion, ma almeno altri 18 sono ancora in centri detentivi in Beihai, e dovrebbero ricevere una sentenza formale la prossima settimana.
La Chiesa di Sion – una denominazione protestante – è stata chiusa dalla polizia cinese nel 2018, e da allora a Jin è proibito lasciare della nazione. Lo scorso mese, Jin e altri leader della Chiesa sono stati arrestati.
Nonostante l’arresto del suo leader, la Chiesa di Sion si incontra tuttora ogni domenica, e i sermoni sono diffusi attraverso Zoom e in raduni di persona di un gruppo tra i 5 e i 50 credenti, che si incontrano in case private e ristoranti. La Chiesa è diffusa in oltre 40 città di Cina, ma alcuni pastori vivono all’estero.
JD Vance in Turchia con Leone XIV?
Il vicepresidente USA J.D. Vance sta pensando di visitare la Turchia in concomitanza con il viaggio di Leone XIV, e in particolare di essere a Iznik (Nicea) per il 1700esimo anniversario del Concilio di Nicea.
Vance spera di essere con il Papa durante la commemorazione del Concilio del 325 il 28 novembre, quando Leone XIV e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo terranno una cerimonia ecumenica.
La partecipazione di Vance non è ancora finalizzata e la possibilità del viaggio è in discussione e non è ufficializzata. Secondo fonti USA, Vance arriverà in Medio Oriente il 27 novembre, per celebrare il giorno del Ringraziamento con le truppe americane dislocate lì, e si sposterà in Turchia il 28. Vance potrebbe anche fare una visita di cortesia al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha già incontrato lo scorso settembre durante la visita del presidente turco alla Casa Bianca.
FOCUS AFRICA
Il Kenya verso lo stabilimento di una ambasciata residente presso la Santa Sede
Finora, l’ambasciatore del Kenya presso la Santa Sede risiedeva in Francia, con sede principale a Parigi. Ma la scorsa settimana il governo kenyano ha approvato lo stabilimento di una nuova ambasciata presso la Santa Sede, e si attende solo la conferma della Santa Sede perché si stabilisca una nuova ambasciata residente.
Lo scorso 12 novembre, l’arcivescovo Hubertus van Megen, nunzio in Kenya, ha detto ad ACI Africa che “l’approvazione è venuta in serata, ma non abbiamo ancora conferma”. Il nunzio ha messo in luce che è ancora necessario il consenso formale della Santa Sede.
Il Gabinetto della Casa dello Stato di Nairobi, presieduta dal presidente del Kenya William Samoei Ruto, ha approvato lo stabilimento dell’ambasciata l’11 novembre scorso, come parte di una ampia strategia di affrontare le relazioni bilaterali e migliorare la cooperazione nella costruzione della pace, l’azione climatica e le iniziative umanitarie, nonché una migliore cooperazione con le agenzie cattoliche di sviluppo, che gestiscono più di 7.700 scuole e 500 strutture sanitarie in Kenya.
Santa Sede e Kenya hanno relazioni diplomatiche dal 1965, e la Chiesa ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo del Kenya.
FOCUS MEDIO ORIENTE
La Siria riuscirà a ricostruirsi dopo gli attacchi alle chiese?
Lo scorso 6 novembre, le associazioni di diritti umani siriane hanno riportato che Hamza Shaheen, medico druso molto rispettato, è stato trovato morto. Era stato rapito vicino a Damasco da uomini armati, ed era stato torturato.
È l’ultimo di una serie di attacchi continui contro i cristiani e altre minoranze in Siria per mano di islamisti, alcuni dei quali affiliati con il nuovo governo ad interim siriano.
Per questo, l’organizzazione “Save the Persecuted Christians” ha chiesto al presidente Donald Trump di fare pressione perché si crei un corridoio umanitario nella regione a Sud di Sweida durante i colloqui con il presidente siriano Ahmed al-Sharaa alla Casa Bianca il 10 novembre. La visita era la prima di un presidente siriano negli Stati Uniti.
Circa il 90 per cento degli aiuti alla Siria, distribuiti attraverso Damasco, non arriva a Sweida, dove vivono le comunità druse e cristiane.
L’arcivescovo Jacques Mourad ha avvertito che “la Chiesa in Siria sta morendo”, dato che sempre più cristiani lasciano il Paese a causa della violenza settaria che si è stabilita a seguito della prese del potere islamista nel Paese.
Parlando alla presentazione del Rapporto sulla Libertà Religiosa nel mondo di Aiuto alla Chiesa che Soffre lo scorso 30 ottobre, l’arcivescovo Mourad, della diocesi siro-cattolica di Homs, ha detto che “il popolo siriano continua a soffrire violenza, rappresaglie e tragici e biasimevoli eventi che mettono a rischio tutte le richieste internazionali e quella popolari di porre fine a questo bagno di sangue”.
Mourad ha aggiunto che “le persone sono sotto ogni sorta di pressione. Non credo che stiamo andando verso una più ampia libertà, che sia religiosa o di altro tipo”.
Quando la guerra è iniziata nel 2011, la Siria era casa per 2,1 milioni di cristiani. Oggi, si stima che i cristiani siano 540 mila e le comunità hanno perso speranza nel governo sunnita del presidente al-Sharaa, che in passato era un leader di al-Qa’ida.
Gli attivisti per la libertà religiosa hanno chiesto una maggiore sicurezza a fronte dell’escalation di violenza contro i cristiani, a seguito dei recenti massacri dei drusi nella provincia sud di Sweida e degli alawiti nella regione di Latakia.
Il Patriarca ortodosso di Antiochia Giovanni X ha detto al presidente al Sharaa che i crescenti incidenti anticristiani “non sono stati né investigati né puniti dalle forze di sicurezza del governo”.
In particolare, a Sweida sono state bruciate circa 60 case e chiese cristiane, mentre circa 2 mila combattenti e civili sono stati uccisi lì in uno dei peggiori scoppi di violenza settaria dalla presa del potere di al-Sharaa.
FOCUS ASIA
L’arcivescovo Gallagher malato in Sri Lanka
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher è stato in Sri Lanka dal 3 all’8 novembre, ma durante la visita è stato ricoverato per un episodio cardiaco minore, il che gli ha costretto ad annullare alcuni appuntamenti previsti nel viaggio. Ne danno notizia i media locali.
La visita segnava il “giubileo” delle relazioni diplomatiche tra il Sri Lanka e la Santa Sede. Il malore di Gallagher, trattato nell’ospedale di Colombo, ha portato alla cancellazione di un incontro programmato a Kandy con prelati buddisti che provengono dai capitoli più influenti dello Sri Lanka, e una visita nella regione di Galle, colpita da uno tsunami.
Tuttavia, padre Jude Krishantha Fernando, portavoce dell’arcidiocesi di Colombo, ha sottolineato che Gallagher ha poi incontrato un gruppo di monaci buddisti, inclusi rappresentanti dal Kelaniya Raja Maha Viharaya, dopo le sue dimissioni dall’ospedale.
Filippine, i vescovi chiedono una commissione verità e riconciliazione sulle esecuzioni extragiudiziali
I vescovi filippini, sotto la presidenza del Cardinale Pablo Virgilio David, vescovo di Kalookan, si sono uniti a gruppi della società civile e famiglie di vittime delle esecuzioni extragiudiziali firmando una lettera indirizzata al presidente Ferdinand Marco Jr. Nella lettera, hanno chiesto la costituzione di una “Commissione per la verità” per indagare agli omicidi legati alla guerra della droga sotto il regime dell’ex presidente Rodrigo Duterte.
La lettera è stata annunciata dal Cardinale David in una conferenza stampa a Mandaluyong City lo scorso 7 novembre, giorno in cui è stata firmata. La lettera definisce come “necessaria” una commissione nazionale per la verità e la riconciliazione come passo verso la giustizia e la guarigione del Paese dalla violenza causata dalla guerra alla droga dell’amministrazione precedente.
La commissione andrebbe a fornire una risposta alle famiglie delle vittime, secondo il cardinale. Famiglie, ha aggiunto, che sono ancora in lutto per aver perso i loro cari, insieme ai quali hanno “perso il senso di sicurezza, la fiducia nelle istituzioni pubbliche e, spesso, i mezzi di sussistenza”.
Il cardinale David ha notato che la sua diocesi di Kalookan è ancora devastata dalla guerra alla droga, e le inchieste parlamentari sul tema sono fallite.
David ha anche sostenuto una necessaria trasparenza per mettere luce sulla corruzione nei progetti di controllo delle inondazioni. Il cardinale ha citato testimoni che hanno avuto il coraggio di presentarsi davanti al Congresso filippino per raccontare gli omicidi sistematici e l’uso illecito di fondi pubblici per finanziarli.
E tuttavia, questa audizioni sono rimaste “senza una chiara conclusione”, perché non chiamano i responsabili a rispondere dell’accaduto, nonostante migliaia di casi siano elencati come Deaths Under Investigation (decessi sotto indagine, DUI).
La Commissione per la Verità e Riconciliazione non opererebbe una “vendetta”, ma piuttosto promuoverebbe “la verità e il ripristino della fiducia, della dignità e della giustizia per ogni filippino”, dando al governo un’“opportunità storica” per dimostrare che il Paese “sceglie il coraggio, la responsabilità e la riconciliazione invece della paura, dell’indifferenza e del silenzio”.
L’ex presidente Rodrigo Duterte avviò la “guerra alla droga” il 30 giugno 2016, quando entrò in carica. Questa politica ha ucciso almeno 12mila filippini, per lo più persone povere che vivevano nelle città, e la Philippine National Police è stata ritenuta responsabile di almeno 2.555 dei decessi. Secondo i gruppi della società civile, il numero reale delle vittime della guerra alla droga è di più di 30 mila.
Dopo l’arresto effettuato nelle Filippine l’11 marzo scorso (chiesto da anni ma reso possibile solo dalla rottura dell’alleanza politica con Marcos ndr), attualmente Rodrigo Duterte resta sotto la custodia della Corte Penale Internazionale all’Aia, in attesa dell’inizio del processo per i presunti crimini contro l’umanità che gli si imputano nelle Filippine.
FOCUS EUROPA
Slovenia, i vescovi contro la legge sull’interruzione di gravidanza
La Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Slovena ha redatto una dichiarazione pubblica in vista del referendum sulla legge sull’interruzione volontaria della vita assistita, che si terrà il prossimo 23 novembre. In cinque punti, la Commissione sottolinea perché la legge proposta è pericolosa “per l’individuo e per la società”.
Il primo punto sottolinea che “la vita è un dono, non una decisione”. Quindi, il secondo punto sottolinea che “la compassione significa aiutare a vivere, non a morire”. Il terzo punto sostiene che “dove c’è sofferenza, c’è opportunità d’amore”, anche perché “i casi di dolore insopportabile nell’ultimo periodo della vita, con cure palliative adeguate, sono molto rari e sono principalmente dovuti a cure inadeguate e incomplete per il paziente”.
Il quarto punto mette in luce che “il ruolo del medico è curare, non uccidere”.
Infine, il fatto che “la morte può diventare anche un dovere”. La commissione dei vescovi nota che “laddove il suicidio assistito è consentito, i confini si stanno gradualmente ampliando: dai malati terminali ai disabili, ai malati mentali e persino agli stanchi della vita”, e che “quando la morte diventa un’opzione può anche diventare un obbligo”.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a New York, la questione palestinese
Il 13 novembre si è tenuta presso la sede delle Nazioni Unite a New York una discussione sull’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA).
L’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite,
ha ribadito il sostegno della Santa Sede alla soluzione a due Stati e ha esortato la comunità internazionale a perseguire la pace attraverso il dialogo e la cooperazione.
Il nunzio ha elogiato l’importante opera umanitaria dell’UNRWA nella regione e ha chiesto un rafforzamento del sostegno politico e finanziario.
La Santa Sede ha detto che è fondamentale che l’operato dell’UNRWA rimanga saldamente radicato nei principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza, e per questo ha condannato gli attacchi alle strutture dell’UNRWA e ha sottolineato la necessità di rispettare il diritto internazionale umanitario.
L’Arcivescovo Caccia ha concluso sottolineando l’importanza di salvaguardare il mandato dell’UNRWA e di garantire che il suo operato rimanga radicato nei principi di umanità, neutralità e pace.
La Santa Sede a Ginevara, il conflitto in Sudan
Il 14 novembre si è tenuto al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra una sessione speciale sulla situazione dei diritti umani intorno alla città di El Fasher nel contesto del conflitto in corso in Sudan.
Nel suo intervento, la Santa Sede si è detta preoccupata per le notizie provenienti dal Sud Sudan.
In particolare, la Santa Sede ha notato che “le cliniche cattoliche e le comunità nelle zone di conflitto sono state costrette a chiudere o a operare in condizioni difficilissime, e il loro personale è sotto minaccia o costretto a ricollocarsi”.
Ciononostante, nota la Santa Sede, le istituzioni cattoliche stanno fornendo “supporto cruciale alle famiglie sfollate”, senza alcun riconoscimento formale o finanziamento adeguato, mentre si sottolinea che i network e la voce morale della Chiesa hanno valore inestimabile, sebbene “non sufficientemente supportati”.
La Santa Sede sottolinea che il Sudan ha bisogno di “aiuto umanitario sostenuto e sforzi diplomatici immediati”, e chiede che “la comunità internazionale agisca con determinazione e generosità per fornire assistenza a supporto a quanti lavorano infaticabilmente per dare sostegno alla popolazione sofferente”.
FOCUS AMBASCIATORI
FOCUS AMBASCIATORI
L’ambasciatore del Ghana presenta le credenziali a Leone XIV
Il 13 novembre, Ben Batabe Assorow, ambasciatore del Ghana presso la Santa Sede, ha presentato le lettere credenziali a Leone XIV.
Classe 1956, con quattro figli, Batabe Assorow ha un curriculum da giornalista internazionale, che lo ha portato anche a Roma, dove, tra l’altro, ha studiato per un biennio missiologia e comunicazione presso la Pontificia Università Gregoriana.
Tra i suoi incarichi c’è stato anche quello di direttore delle Comunicazioni del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madascar (SECAM) dal 2005 al 2016. Dal 2019 al 2025 è stato membro della National Media Commission.
L’ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede presenta le credenziali
Il 15 novembre, Despina Poulou, ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede, ha presentato le credenziali a Leone XIV.
Classe 1970, ha una lunga carriera diplomatica cominciata nel 1997, che la ha vista servire in Albania, Giappone, Germania Russia e Svezia. È il suo primo incarico da ambasciatore, dopo essere stata ministro della Direzione per l’Europa Sud-Orientale.
FOCUS NUNZI
Morto l’arcivescovo Causero
Ambasciatore di lungo corso in alcuni dei territori più caldi del mondo, l’arcivescovo Diego Causero, 85 anni, è morto il 14 novembre per delle complicazioni di una infezione.
Nato nel 1940, sacerdote dal 1963, liturgista dottorato a Sant’Anselmo nel 1966, cominciò gli studi nella Pontificia Accademia Ecclesiastica nel 1969.
Nel 1973 entrò nei ranghi della diplomazia della Santa Sede. Il suo ministero diplomatico si svolse tra Nigeria, Spagna, Siria, Australia e Albania e Nazioni Unite.
Nel 1992 Papa Giovanni Paolo II nominò Causero arcivescovo, consacrandolo personalmente il 6 gennaio 1993 e assegnandogli la sede titolare di Meta, in Algeria. Mons. Causero iniziò immediatamente il servizio di Nunzio apostolico – l’equivalente diplomatico del grado di ambasciatore, per conto della Santa Sede –, prendendo servizio innanzitutto in Ciad, poi – dal 1993 – in Repubblica Centrafricana e Repubblica del Congo fino al 1996.
Dopo una breve pausa dall’incarico di nunziatura, nel 1999 per mons. Causero arrivò la chiamata in Siria, sempre come Nunzio apostolico. In Medio Oriente Causero visse i drammatici anni successivi all’11 settembre e all’inizio del regime di Bashar al-Assad. Nel 2001 fu nominato Arcivescovo titolare della sede di Grado.
Il 6 maggio 2001 mons. Diego Causero fu tra gli organizzatori della storica visita di Giovanni Paolo II in Siria, che ebbe carattere di pellegrinaggio sulle orme di San Paolo. Nel corso di quella memorabile giornata, il pontefice polacco fu il primo Papa a entrare in preghiera nella Grande Moschea degli Omayyadi di Damasco.
Nel 2004 l’arcivescovo Causero fu trasferito in Repubblica Ceca. Nell’est Europa il diplomatico friulano rimase sette anni, fino a quando – nel 2011, fu assegnato alla nunziatura di Svizzera e Liechtenstein.
Nel 2015 il nunzio lasciò gli incarichi diplomatici per raggiunti limiti di età e rientrò in Friuli.
Altro:
Diplomazia pontificia, il restauro della Natività di Betlemme
Ecco un nuovo post da https://www.acistampa.com/story/32457/diplomazia-pontificia-il-restauro-della-nativita-di-betlemme:
È stata inaugurata la scorsa settimana a Roma la mostra “Betlehem Reborn”, Betlemme rinata, che mette in luce il lavoro di restauro della Basilica della Natività di Betlemme. Il restauro, di per sé storico, mette in luce anche l’impegno della Palestina nella protezione dei luoghi cristiani, mentre la situazione in Terra Santa diventa sempre più complessa e si registra anche un moltiplicarsi degli attacchi dei coloni israeliani.
Durante il Quinto Ministeriale per l’Avanzamento della Libertà Religiosa, tenutosi a Praga il 12-13 novembre, si è tenuto anche un evento laterale, organizzato presso la locale ambasciata d’Ungheria, che ha visto la partecipazione dell’Osservatorio sull’Intolleranza e la Discriminazione dei Cristiani in Europa e della sezione internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre.
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha avuto un malore durante la sua visita in Sri Lanka del 3-8 novembre. DAL 10 al 12 novembre, si è tenuta in Vaticano una conferenza su “AI e Medicina”, organizzata dalla Pontificia Accademia per la Vita e dalla Federazione Mondiale dei Medici Cattolici. La dichiarazione finale della conferenza tocca diversi temi diplomatici. Il Kenya va verso lo stabilimento di un’ambasciata residente presso la Santa Sede. L’ambasciatore USA presso la Santa Sede prosegue nelle sue iniziative a favore della libertà religiosa in Cina.
La prossima settimana, in occasione della commemorazione dell’Homolodor – la carestia provocata dai sovietici negli Anni Trenta che sterminò la popolazone ucraina – il Cardinale Pietro Parolin celebrerà il 20 novembre una Messa per gli ucraini. Durante la settimana ci sarà anche Andryi Yermak, capo ufficio del presidente Zelensky, che avrà un breve scambio con Leone XIV durante il baciamano dell’udienza del mercoledì, dove porterà alcuni dei bambini tornati a casa grazie anche alla mediazione vaticana. Yermak avrà anche incontri con il cardinale Parolin e Gallagher, e con il cardinale Zuppi.
FOCUS TERRASANTA
“Betlemme rinata”, una mostra per la Basilica della Natività
Nella Terrasanta colpita da una guerra iniziata a seguito degli attacchi di Hamas il 7 ottobre, c’è un piccolo segno di speranza, reso visibile dal restauro della Basilica della Natività di Betlemme. Sponsorizzato dallo Stato di Palestina, il restauro della Basilica è stato esposto in una mostra nella chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma, inaugurata dal presidente palestinese Mahmoud Abbas che la ha visitata dopo l’incontro con Leone XIV lo scorso 6 novembre. L’inaugurazione è stata preceduta da una messa presieduta dal vescovo William Shomali, ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme.
Nel suo saluto di benvenuto, Issa Kassisieh, ambasciatore di Palestina presso la Santa Sede, ha notato che l’arrivo della mostra a Roma ha luogo “in un momento fortemente simbolico”, mentre “un fragile cessate il fuoco nella nostra patria offre piccolo, seppur prezioso, barlume di pace”, e per questo la mostra “emerge come una risposta spirituale alla richiesta del mondo per la guarigione”, ricordando che “anche nel silenzio che segue la sofferenza, la luce di Betlemme continua a splendere, invitando l’umanità a tornare a compassione, riconciliazione e fede”.
Insomma, la mostra – ha detto l’ambasciatore – porta “un messaggio che trascende politica e confini”, e per questo è “più dell’esibizione di un restauro”, ma piuttosto “un dialogo spirituale tra il passato il presente”.
L’ambasciatore Kassisieh ha notato che nel 2025 si ricorda anche il decimo anniversario della canonizzazione di due sante palestinesi, Mariam Bawardi a Maria Alfonsina, “la cui santità resta un radioso simbolo di grazia che unisce Betlemme e Roma”.
La mostra è per l’ambasciatore anche l’occasione di “incoraggiare i pellegrinaggi e il turismo a Betlemme – in Palestina, nella Terra Santa”, perché “oggi la stella sulla grotta splenda ancora una volta, ricordando al mondo che il messaggio di Gesù è nato a Betlemme e illumina ancora il percorso dell’umanità”.
Ramzi Khoury, a capo dell’Alto Comitato per gli Affari della Chiesa di Palestina, ha sottolineato che da Betlemme si elevano “le nostre preghiere più sentite per la pace e la giustizia nella Palestina ferita, invocando il signore affinché abbia misericordia dei nostri fratelli a Gaza, asciughi le lacrime dei sofferenti e ridoni vita a quanto è stato distrutto dalla guerra”.
La Basilica della Natività, ha ricordato Khoury, “non subiva interventi da sei secoli”, e ha una custodia condivisa tra Patriarcato Greco-Ortodossi, Custodia di Terra Santa e Patriarcato Armeno.
Khoury ha anche invitato “i fedeli di tutto il mondo a pellegrinare a Betlemme, a Gerusalemme e in tutta la Terra Santa, per proseguire insieme nella celebrazione del Giubileo della Speranza e della Fede”, portando una presenza a Betlemme chiamata ad essere “un segno di solidarietà con un popolo saldo sulla propria terra, un sostegno alla presenza cristiana autentica in Palestina e un ponte di dialogo e comunione tra il Vaticano e la Terra di Santità, la Palestina”.
Nella sua omelia, il vescovo William Shomali, ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha sottolineato che la mostra “mette la Terra Santa ancora una volta al centro dell’attenzione mondiale”, con l’attenzione però “non focalizzata sul numero di morti o sulla quantità di cibo dei camion entrati a Gaza”.
Il vescovo Shomali ha detto che il territorio tra il Mar Mediterraneo e il Giordano è “conosciuto con diversi nomi”, e che politicamente è Israele e Palestina, e spiritualmente e culturalmente è “Terra Santa”. Santa perché “conserva la memoria degli eventi della salvezza portati avanti da Gesù”.
Shomali ha ricordato le parole di Paolo VI, che nel 1964, pellegrino in Terra Santa, chiedeva pace, e ribadito che “questa pace ancora manca”, mentre “abbiamo vissuto una terribile guerra, seguita da un fragile cessate il fuoco”.
Ma è una Terra Santa anche “a causa delle persone sante che vi hanno vissuto con profonda fede, compassione ed eroico perdono”, come Mosè ed Abramo, Giovanni Battista, la Vergine Maria e i primi apostoli, nonché le due sante palestinesi canonizzate dieci anni fa.
Shomali ha rimarcato l’importanza della preghiera, e affermato che “la pace è possibile. Nella Terra Santa c’è abbastanza spazio perché due popoli vivano fianco a fianco, ognuno nel suo stato, con piena armonia e cooperazione.
FOCUS LIBERTÀ RELIGIOSA
Un incontro sulla libertà religiosa al ministeriale di Praga
Una dichiarazione per riaffermare la necessità di avere libertà religiosa per tutti, compresi coloro che sostengono gli insegnamenti tradizionali sulla natura umana, è stata redatta al termine di un incontro a margine della Conferenza di Alto Livello dell’Article 18 Alliance, ovvero il V ministeriale per l’avanzamento della Libertà religiosa che si è tenuto il 12 – 13 novembre a Praga.
La dichiarazione è stata successivamente presentata agli Stati membri dell’Alleanza. L’incontro univa rappresentanti governativi e non governativi a difesa della libertà religiosa, ed è stato convocato per
per discutere le risposte ai recenti rapporti di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell’OSCE (ODIHR), dell’Osservatorio sull’Intolleranza e la Discriminazione contro i Cristiani in Europa (OIDAC Europa) e di Hungary Helps, che confermano un preoccupante aumento globale della persecuzione e della discriminazione contro i cristiani.
L’evento è stato co-organizzato da Aiuto alla Chiesa che Soffre (Königstein), dalla Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (Bruxelles), dall’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa (Vienna), dal Religious Freedom Institute (Washington, D.C.) e dalla Segreteria di Stato ungherese per l’aiuto ai cristiani perseguitati (Budapest).
Durante il panel, Marcela Szymanski, Responsabile dell’Advocacy Internazionale di ACN International, ha presentato i risultati del rapporto “Aiuto alla Chiesa Che Soffre : Religious Freedom in the World 2025″, che mostra come 5,4 miliardi di persone, circa il 65% della popolazione mondiale, vivano in Paesi con gravi o gravissime violazioni della libertà religiosa. Secondo ACS, questo forte declino della libertà religiosa a livello globale è dovuto a conflitti regionali, alla rinascita di regimi autoritari, al terrorismo jihadista e alle migrazioni di massa. “Dietro molte delle violazioni della libertà religiosa a livello globale ci sono autocrati assetati di potere, che fanno pressione sui leader della libertà religiosa affinché adottino le proprie idee o vadano incontro all’estinzione”, ha riassunto Szymanski, riferendosi a Paesi come Venezuela e Russia. Il rapporto ha inoltre rilevato restrizioni crescenti all’obiezione di coscienza e attacchi ai siti cristiani nei Paesi occidentali.
Anja Tang, Direttore Esecutivo di OIDAC Europa, ha ribadito tali preoccupazioni, citando i recenti risultati di OIDAC relativi ai crimini d’odio anticristiani in Europa. Ha osservato che gli episodi di violenza, tra cui l’omicidio di un rifugiato cristiano assiro in Francia e l’uccisione di un monaco spagnolo in un attacco a un monastero, non hanno ricevuto sufficiente riconoscimento nel dibattito pubblico.
Tang ha anche fatto riferimento a un numero crescente di casi legali che limitano il diritto dei credenti di esprimere le proprie convinzioni, mettendo in luce come sempre più cristiani in Europa “sono perseguiti per aver espresso pacificamente le proprie convinzioni o per aver insegnato gli insegnamenti cristiani tradizionali su questioni morali – ha osservato Tang – Sebbene i tribunali a volte difendano i loro diritti, ciò accade spesso solo dopo lunghe e costose battaglie legali, che di per sé costituiscono una punizione”.
Todd Huizinga, ex diplomatico statunitense, co-fondatore del Transatlantic Christian Council, ha presentato le recenti iniziative statunitensi per rafforzare la libertà religiosa, tra cui l’istituzione di una Commissione per la Libertà Religiosa e di una Task Force per Sradicare i Pregiudizi Anticristiani. Secondo Huizinga, la libertà di esprimere e di vivere l’insegnamento cristiano tradizionale è stata sempre più limitata da un’“ortodossia morale post-cristiana”, come dimostrato dai risultati del primo rapporto della Task Force.
Márk Aurél Érszegi, Consigliere Speciale per la Religione e la Diplomazia presso il Ministero degli Affari Esteri e del Commercio ungherese, ha ricordato che l’ufficio del Ministero è stato deliberatamente denominato “per l’aiuto ai cristiani perseguitati” per sensibilizzare l’opinione pubblica in un contesto diplomatico occidentale che raramente riconosce la persecuzione cristiana. Attraverso il Programma Hungary Helps, questo ufficio fornisce un sostegno finanziario mirato alle comunità cristiane colpite, aiutando i sopravvissuti e rafforzando la resilienza locale. “Anche i Paesi più piccoli possono fare davvero la differenza sul campo”, ha osservato. Erszegi ha chiesto una maggiore cooperazione internazionale, in particolare nell’Europa centrale.
I partecipanti hanno anche discusso della Guida ODIHR/OSCE “Comprendere i crimini d’odio anticristiani e affrontare le esigenze di sicurezza delle comunità cristiane”, che richiede misure di sicurezza più efficaci per le chiese e gli individui. La guida avverte che “i crimini d’odio anticristiani non si verificano nel vuoto”, ma possono essere alimentati da “discorsi e narrazioni politiche che perpetuano pregiudizi e stereotipi anticristiani”.
In risposta a queste sfide, i partecipanti hanno sottolineato la necessità che gli Stati membri dell’Article 18 Alliance affrontino la questione direttamente e riaffermino il loro impegno a proteggere la libertà di religione o di credo per tutti.
Todd Huizinga, a nome degli organizzatori, ha dunque annunciato la redazione di una dichiarazione che affermi la libertà religiosa per tutti, compresi coloro che sostengono gli insegnamenti religiosi tradizionali sul matrimonio, la famiglia e la natura umana, sarà sottoposta all’esame degli Stati membri dell’Article 18 Alliance.
“Riteniamo – ha detto Huzinga – che questa dichiarazione possa avere un effetto concreto, non solo nel salvaguardare la libertà religiosa per tutti, ma anche nel rafforzare la comprensione reciproca, la tolleranza e la pace nelle nostre società pluralistiche”.
FOCUS AI
Intelligenza artificiale e medicina, la dichiarazione finale
C’è anche un possibile risvolto diplomatico, nella dichiarazione finale del convegno “Intelligenza Artificiale e Medicina”, organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita e la Federazione Internazionale dei Medici Cattolici, che si è tenuto dal 10 al 12 novembre. Perché la Santa Sede ha portato i temi dell’intelligenza artificiale nelle arene diplomatiche e nel dialogo interreligioso. Perché la questione della “mitigazione umana” dell’uso dell’intelligenza artificiale è sempre presente nei discorsi della Santa Sede sul piano multilaterale, soprattutto quando si parla di armi letali autonome. E perché l’idea di una “autorità mondiale con competenze universali” per l’intelligenza artificiale, lanciata dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher alle Nazioni Unite nel 2024 comprende anche i temi dello sviluppo medico.
Cosa dice, dunque, la dichiarazione finale? Sottolinea che “una riflessione etica sull’intelligenza artificiale” rende importante “non limitarsi solo alla considerazione delle performance che permette”, ma anche sull’impatto che “ha sulle relazioni personali e sociali”, perché “nelle nuove tecnologie digitali sono in gioco non solo principi e diritti, ma anche la specificità e l’originalità della mente umana”.
Sul tema della salute, poi, è cruciale che “l’intelligenza artificiale sia un aiuto che migliora il giudizio clinico, supporti l’accuratezza diagnostica e migliori le prestazioni sul paziente”.
I principi critici per la pratica medica dell’Intelligenza artificiale riguardano: la supervisione e il giudizio clinico, perché l’intelligenza artificiale deve subordinarsi al medico, che “non deve essere ipnotizzato dal fascino dei risultati tecnologici”.
C’è poi il tema della trasparenza e dell’interpretabilità, perché i medici devono sempre capire su quali basi “ragiona” l’intelligenza artificiale”.
Quindi, va affrontata la questione della privacy dei dati e il consenso del paziente, e infine la questione della responsabilità e degli errori di competenza. Perché “se gli errori possono essere risultato di un fallimento di programmazione e supervisione”, è “importante differenziare quando l’errore può essere attribuito al dottore per l’improprio uso di questi sistemi”.
Infine, la dichiarazione parla di “accesso e trasparenza”, perché l’intelligenza artificiale “non dovrebbe ampliare il gap tra i setting poveri e ricchi di risorse”.
FOCUS USA
L’impegno dell’ambasciatore Burch per la libertà religiosa in Cina
Dopo aver pregato nella basilica di San Bartolomeo all’isola lo scorso 28 ottobre insieme a Sebastian Lai, il figlio dell’imprenditore di Hong Kong Jimmy Lai incarcerato in Cina, Brian Burch, ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, continua il suo impegno per la libertà religiosa in Cina e incontra in ambasciata Jin Drexel, figlia del pastore cinese Ezra Jin. L’incontro è avvenuto nel corso della scorsa settimana, ed è stato comunicato dall’ambasciata attraverso i suoi canali social. L’ambasciata sottolinea che Burch “ha ribadito la richiesta del Segretario di Stato Rubio di appellarsi alla Repubblica Popolare Cinese per rilasciare i leader della Chiesa detenuti e per permettere a tutte le persone di fede di impegnarsi liberamente in attività religiose senza rappresaglie”.
Nella scorsa settimana, più di 500 leader membri della Chiesa provenienti da 45 nazioni, con stretti legami con la Cina, hanno firmato una “petizione di preghiera online” in solidarietà con i leader arrestati della Chiesa di Sion in Cina, tra cui il pastore Jin “Ezra” Mingri.
La preghiera “riconosce che la libertà religiosa rafforza piuttosto che minaccia la nazione”, e chiede l’immediato rilascio di Jin e degli altri leader della Chiesa di Sion, per creare “un futuro in cui i cristiani di Cina possono liberamente esercitare il loro culto, servire apertamente le loro comunità, e vivere la fede senza paura”.
Il 12 novembre, il Senato USA ha approvato una risoluzione bipartisan che condanna il Partito Comunista Cinese per le detenzioni. All’inizio della settimana, le autorità cinese hanno rilasciato su cauzione quattro leader della Chiesa di Sion, ma almeno altri 18 sono ancora in centri detentivi in Beihai, e dovrebbero ricevere una sentenza formale la prossima settimana.
La Chiesa di Sion – una denominazione protestante – è stata chiusa dalla polizia cinese nel 2018, e da allora a Jin è proibito lasciare della nazione. Lo scorso mese, Jin e altri leader della Chiesa sono stati arrestati.
Nonostante l’arresto del suo leader, la Chiesa di Sion si incontra tuttora ogni domenica, e i sermoni sono diffusi attraverso Zoom e in raduni di persona di un gruppo tra i 5 e i 50 credenti, che si incontrano in case private e ristoranti. La Chiesa è diffusa in oltre 40 città di Cina, ma alcuni pastori vivono all’estero.
JD Vance in Turchia con Leone XIV?
Il vicepresidente USA J.D. Vance sta pensando di visitare la Turchia in concomitanza con il viaggio di Leone XIV, e in particolare di essere a Iznik (Nicea) per il 1700esimo anniversario del Concilio di Nicea.
Vance spera di essere con il Papa durante la commemorazione del Concilio del 325 il 28 novembre, quando Leone XIV e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo terranno una cerimonia ecumenica.
La partecipazione di Vance non è ancora finalizzata e la possibilità del viaggio è in discussione e non è ufficializzata. Secondo fonti USA, Vance arriverà in Medio Oriente il 27 novembre, per celebrare il giorno del Ringraziamento con le truppe americane dislocate lì, e si sposterà in Turchia il 28. Vance potrebbe anche fare una visita di cortesia al presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha già incontrato lo scorso settembre durante la visita del presidente turco alla Casa Bianca.
FOCUS AFRICA
Il Kenya verso lo stabilimento di una ambasciata residente presso la Santa Sede
Finora, l’ambasciatore del Kenya presso la Santa Sede risiedeva in Francia, con sede principale a Parigi. Ma la scorsa settimana il governo kenyano ha approvato lo stabilimento di una nuova ambasciata presso la Santa Sede, e si attende solo la conferma della Santa Sede perché si stabilisca una nuova ambasciata residente.
Lo scorso 12 novembre, l’arcivescovo Hubertus van Megen, nunzio in Kenya, ha detto ad ACI Africa che “l’approvazione è venuta in serata, ma non abbiamo ancora conferma”. Il nunzio ha messo in luce che è ancora necessario il consenso formale della Santa Sede.
Il Gabinetto della Casa dello Stato di Nairobi, presieduta dal presidente del Kenya William Samoei Ruto, ha approvato lo stabilimento dell’ambasciata l’11 novembre scorso, come parte di una ampia strategia di affrontare le relazioni bilaterali e migliorare la cooperazione nella costruzione della pace, l’azione climatica e le iniziative umanitarie, nonché una migliore cooperazione con le agenzie cattoliche di sviluppo, che gestiscono più di 7.700 scuole e 500 strutture sanitarie in Kenya.
Santa Sede e Kenya hanno relazioni diplomatiche dal 1965, e la Chiesa ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo del Kenya.
FOCUS MEDIO ORIENTE
La Siria riuscirà a ricostruirsi dopo gli attacchi alle chiese?
Lo scorso 6 novembre, le associazioni di diritti umani siriane hanno riportato che Hamza Shaheen, medico druso molto rispettato, è stato trovato morto. Era stato rapito vicino a Damasco da uomini armati, ed era stato torturato.
È l’ultimo di una serie di attacchi continui contro i cristiani e altre minoranze in Siria per mano di islamisti, alcuni dei quali affiliati con il nuovo governo ad interim siriano.
Per questo, l’organizzazione “Save the Persecuted Christians” ha chiesto al presidente Donald Trump di fare pressione perché si crei un corridoio umanitario nella regione a Sud di Sweida durante i colloqui con il presidente siriano Ahmed al-Sharaa alla Casa Bianca il 10 novembre. La visita era la prima di un presidente siriano negli Stati Uniti.
Circa il 90 per cento degli aiuti alla Siria, distribuiti attraverso Damasco, non arriva a Sweida, dove vivono le comunità druse e cristiane.
L’arcivescovo Jacques Mourad ha avvertito che “la Chiesa in Siria sta morendo”, dato che sempre più cristiani lasciano il Paese a causa della violenza settaria che si è stabilita a seguito della prese del potere islamista nel Paese.
Parlando alla presentazione del Rapporto sulla Libertà Religiosa nel mondo di Aiuto alla Chiesa che Soffre lo scorso 30 ottobre, l’arcivescovo Mourad, della diocesi siro-cattolica di Homs, ha detto che “il popolo siriano continua a soffrire violenza, rappresaglie e tragici e biasimevoli eventi che mettono a rischio tutte le richieste internazionali e quella popolari di porre fine a questo bagno di sangue”.
Mourad ha aggiunto che “le persone sono sotto ogni sorta di pressione. Non credo che stiamo andando verso una più ampia libertà, che sia religiosa o di altro tipo”.
Quando la guerra è iniziata nel 2011, la Siria era casa per 2,1 milioni di cristiani. Oggi, si stima che i cristiani siano 540 mila e le comunità hanno perso speranza nel governo sunnita del presidente al-Sharaa, che in passato era un leader di al-Qa’ida.
Gli attivisti per la libertà religiosa hanno chiesto una maggiore sicurezza a fronte dell’escalation di violenza contro i cristiani, a seguito dei recenti massacri dei drusi nella provincia sud di Sweida e degli alawiti nella regione di Latakia.
Il Patriarca ortodosso di Antiochia Giovanni X ha detto al presidente al Sharaa che i crescenti incidenti anticristiani “non sono stati né investigati né puniti dalle forze di sicurezza del governo”.
In particolare, a Sweida sono state bruciate circa 60 case e chiese cristiane, mentre circa 2 mila combattenti e civili sono stati uccisi lì in uno dei peggiori scoppi di violenza settaria dalla presa del potere di al-Sharaa.
FOCUS ASIA
L’arcivescovo Gallagher malato in Sri Lanka
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher è stato in Sri Lanka dal 3 all’8 novembre, ma durante la visita è stato ricoverato per un episodio cardiaco minore, il che gli ha costretto ad annullare alcuni appuntamenti previsti nel viaggio. Ne danno notizia i media locali.
La visita segnava il “giubileo” delle relazioni diplomatiche tra il Sri Lanka e la Santa Sede. Il malore di Gallagher, trattato nell’ospedale di Colombo, ha portato alla cancellazione di un incontro programmato a Kandy con prelati buddisti che provengono dai capitoli più influenti dello Sri Lanka, e una visita nella regione di Galle, colpita da uno tsunami.
Tuttavia, padre Jude Krishantha Fernando, portavoce dell’arcidiocesi di Colombo, ha sottolineato che Gallagher ha poi incontrato un gruppo di monaci buddisti, inclusi rappresentanti dal Kelaniya Raja Maha Viharaya, dopo le sue dimissioni dall’ospedale.
Filippine, i vescovi chiedono una commissione verità e riconciliazione sulle esecuzioni extragiudiziali
I vescovi filippini, sotto la presidenza del Cardinale Pablo Virgilio David, vescovo di Kalookan, si sono uniti a gruppi della società civile e famiglie di vittime delle esecuzioni extragiudiziali firmando una lettera indirizzata al presidente Ferdinand Marco Jr. Nella lettera, hanno chiesto la costituzione di una “Commissione per la verità” per indagare agli omicidi legati alla guerra della droga sotto il regime dell’ex presidente Rodrigo Duterte.
La lettera è stata annunciata dal Cardinale David in una conferenza stampa a Mandaluyong City lo scorso 7 novembre, giorno in cui è stata firmata. La lettera definisce come “necessaria” una commissione nazionale per la verità e la riconciliazione come passo verso la giustizia e la guarigione del Paese dalla violenza causata dalla guerra alla droga dell’amministrazione precedente.
La commissione andrebbe a fornire una risposta alle famiglie delle vittime, secondo il cardinale. Famiglie, ha aggiunto, che sono ancora in lutto per aver perso i loro cari, insieme ai quali hanno “perso il senso di sicurezza, la fiducia nelle istituzioni pubbliche e, spesso, i mezzi di sussistenza”.
Il cardinale David ha notato che la sua diocesi di Kalookan è ancora devastata dalla guerra alla droga, e le inchieste parlamentari sul tema sono fallite.
David ha anche sostenuto una necessaria trasparenza per mettere luce sulla corruzione nei progetti di controllo delle inondazioni. Il cardinale ha citato testimoni che hanno avuto il coraggio di presentarsi davanti al Congresso filippino per raccontare gli omicidi sistematici e l’uso illecito di fondi pubblici per finanziarli.
E tuttavia, questa audizioni sono rimaste “senza una chiara conclusione”, perché non chiamano i responsabili a rispondere dell’accaduto, nonostante migliaia di casi siano elencati come Deaths Under Investigation (decessi sotto indagine, DUI).
La Commissione per la Verità e Riconciliazione non opererebbe una “vendetta”, ma piuttosto promuoverebbe “la verità e il ripristino della fiducia, della dignità e della giustizia per ogni filippino”, dando al governo un’“opportunità storica” per dimostrare che il Paese “sceglie il coraggio, la responsabilità e la riconciliazione invece della paura, dell’indifferenza e del silenzio”.
L’ex presidente Rodrigo Duterte avviò la “guerra alla droga” il 30 giugno 2016, quando entrò in carica. Questa politica ha ucciso almeno 12mila filippini, per lo più persone povere che vivevano nelle città, e la Philippine National Police è stata ritenuta responsabile di almeno 2.555 dei decessi. Secondo i gruppi della società civile, il numero reale delle vittime della guerra alla droga è di più di 30 mila.
Dopo l’arresto effettuato nelle Filippine l’11 marzo scorso (chiesto da anni ma reso possibile solo dalla rottura dell’alleanza politica con Marcos ndr), attualmente Rodrigo Duterte resta sotto la custodia della Corte Penale Internazionale all’Aia, in attesa dell’inizio del processo per i presunti crimini contro l’umanità che gli si imputano nelle Filippine.
FOCUS EUROPA
Slovenia, i vescovi contro la legge sull’interruzione di gravidanza
La Commissione Giustizia e Pace della Conferenza Episcopale Slovena ha redatto una dichiarazione pubblica in vista del referendum sulla legge sull’interruzione volontaria della vita assistita, che si terrà il prossimo 23 novembre. In cinque punti, la Commissione sottolinea perché la legge proposta è pericolosa “per l’individuo e per la società”.
Il primo punto sottolinea che “la vita è un dono, non una decisione”. Quindi, il secondo punto sottolinea che “la compassione significa aiutare a vivere, non a morire”. Il terzo punto sostiene che “dove c’è sofferenza, c’è opportunità d’amore”, anche perché “i casi di dolore insopportabile nell’ultimo periodo della vita, con cure palliative adeguate, sono molto rari e sono principalmente dovuti a cure inadeguate e incomplete per il paziente”.
Il quarto punto mette in luce che “il ruolo del medico è curare, non uccidere”.
Infine, il fatto che “la morte può diventare anche un dovere”. La commissione dei vescovi nota che “laddove il suicidio assistito è consentito, i confini si stanno gradualmente ampliando: dai malati terminali ai disabili, ai malati mentali e persino agli stanchi della vita”, e che “quando la morte diventa un’opzione può anche diventare un obbligo”.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a New York, la questione palestinese
Il 13 novembre si è tenuta presso la sede delle Nazioni Unite a New York una discussione sull’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Occupazione dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA).
L’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite,
ha ribadito il sostegno della Santa Sede alla soluzione a due Stati e ha esortato la comunità internazionale a perseguire la pace attraverso il dialogo e la cooperazione.
Il nunzio ha elogiato l’importante opera umanitaria dell’UNRWA nella regione e ha chiesto un rafforzamento del sostegno politico e finanziario.
La Santa Sede ha detto che è fondamentale che l’operato dell’UNRWA rimanga saldamente radicato nei principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza, e per questo ha condannato gli attacchi alle strutture dell’UNRWA e ha sottolineato la necessità di rispettare il diritto internazionale umanitario.
L’Arcivescovo Caccia ha concluso sottolineando l’importanza di salvaguardare il mandato dell’UNRWA e di garantire che il suo operato rimanga radicato nei principi di umanità, neutralità e pace.
La Santa Sede a Ginevara, il conflitto in Sudan
Il 14 novembre si è tenuto al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra una sessione speciale sulla situazione dei diritti umani intorno alla città di El Fasher nel contesto del conflitto in corso in Sudan.
Nel suo intervento, la Santa Sede si è detta preoccupata per le notizie provenienti dal Sud Sudan.
In particolare, la Santa Sede ha notato che “le cliniche cattoliche e le comunità nelle zone di conflitto sono state costrette a chiudere o a operare in condizioni difficilissime, e il loro personale è sotto minaccia o costretto a ricollocarsi”.
Ciononostante, nota la Santa Sede, le istituzioni cattoliche stanno fornendo “supporto cruciale alle famiglie sfollate”, senza alcun riconoscimento formale o finanziamento adeguato, mentre si sottolinea che i network e la voce morale della Chiesa hanno valore inestimabile, sebbene “non sufficientemente supportati”.
La Santa Sede sottolinea che il Sudan ha bisogno di “aiuto umanitario sostenuto e sforzi diplomatici immediati”, e chiede che “la comunità internazionale agisca con determinazione e generosità per fornire assistenza a supporto a quanti lavorano infaticabilmente per dare sostegno alla popolazione sofferente”.
FOCUS AMBASCIATORI
FOCUS AMBASCIATORI
L’ambasciatore del Ghana presenta le credenziali a Leone XIV
Il 13 novembre, Ben Batabe Assorow, ambasciatore del Ghana presso la Santa Sede, ha presentato le lettere credenziali a Leone XIV.
Classe 1956, con quattro figli, Batabe Assorow ha un curriculum da giornalista internazionale, che lo ha portato anche a Roma, dove, tra l’altro, ha studiato per un biennio missiologia e comunicazione presso la Pontificia Università Gregoriana.
Tra i suoi incarichi c’è stato anche quello di direttore delle Comunicazioni del Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madascar (SECAM) dal 2005 al 2016. Dal 2019 al 2025 è stato membro della National Media Commission.
L’ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede presenta le credenziali
Il 15 novembre, Despina Poulou, ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede, ha presentato le credenziali a Leone XIV.
Classe 1970, ha una lunga carriera diplomatica cominciata nel 1997, che la ha vista servire in Albania, Giappone, Germania Russia e Svezia. È il suo primo incarico da ambasciatore, dopo essere stata ministro della Direzione per l’Europa Sud-Orientale.
FOCUS NUNZI
Morto l’arcivescovo Causero
Ambasciatore di lungo corso in alcuni dei territori più caldi del mondo, l’arcivescovo Diego Causero, 85 anni, è morto il 14 novembre per delle complicazioni di una infezione.
Nato nel 1940, sacerdote dal 1963, liturgista dottorato a Sant’Anselmo nel 1966, cominciò gli studi nella Pontificia Accademia Ecclesiastica nel 1969.
Nel 1973 entrò nei ranghi della diplomazia della Santa Sede. Il suo ministero diplomatico si svolse tra Nigeria, Spagna, Siria, Australia e Albania e Nazioni Unite.
Nel 1992 Papa Giovanni Paolo II nominò Causero arcivescovo, consacrandolo personalmente il 6 gennaio 1993 e assegnandogli la sede titolare di Meta, in Algeria. Mons. Causero iniziò immediatamente il servizio di Nunzio apostolico – l’equivalente diplomatico del grado di ambasciatore, per conto della Santa Sede –, prendendo servizio innanzitutto in Ciad, poi – dal 1993 – in Repubblica Centrafricana e Repubblica del Congo fino al 1996.
Dopo una breve pausa dall’incarico di nunziatura, nel 1999 per mons. Causero arrivò la chiamata in Siria, sempre come Nunzio apostolico. In Medio Oriente Causero visse i drammatici anni successivi all’11 settembre e all’inizio del regime di Bashar al-Assad. Nel 2001 fu nominato Arcivescovo titolare della sede di Grado.
Il 6 maggio 2001 mons. Diego Causero fu tra gli organizzatori della storica visita di Giovanni Paolo II in Siria, che ebbe carattere di pellegrinaggio sulle orme di San Paolo. Nel corso di quella memorabile giornata, il pontefice polacco fu il primo Papa a entrare in preghiera nella Grande Moschea degli Omayyadi di Damasco.
Nel 2004 l’arcivescovo Causero fu trasferito in Repubblica Ceca. Nell’est Europa il diplomatico friulano rimase sette anni, fino a quando – nel 2011, fu assegnato alla nunziatura di Svizzera e Liechtenstein.
Nel 2015 il nunzio lasciò gli incarichi diplomatici per raggiunti limiti di età e rientrò in Friuli.
Altro qui: Diplomazia pontificia, il restauro della Natività di Betlemme
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