Blog del Docente

14 Maggio 2018

Ruolo fondamentale della scuola nella lotta del bullismo e cyberlullismo

Ruolo fondamentale della scuola nella lotta del bullismo e cyberlullismo

14 May 2018

Il rischio, dicono gli studiosi, è che dove c’è il vuoto trovi spazio il bullismo

Su bullismo e cyberbullismo esistono numerose ricerche, ma se da un lato occorre aiutare i ragazzi nell’educazione tra pari, a sapersi mettere “nei panni dell’altro”, dall’altro certi comportamenti vanno prevenuti sul piano didattico: valutazione, organizzazione della classe, del tempo scuola, ecc: occorre insomma saper vedere i ragazzi in difficoltà.

La complicità tra genitori e figli è divenuta sempre più stretta, a sostegno di una biografia precaria e intermittente. L’Italia è un paese di figli unici, ricordano le ricerche, e quasi otto italiani su dieci dai 18 ai 38 anni vive ancora con i genitori.

Aumenta la disuguaglianza: il successo negli studi, nella professione e nella vita sono strettamente collegati alla posizione sociale della famiglia. A cinquant’anni dal ’68 questa non è più una rivendicazione, ma sembra ci sia in giro tanta rassegnazione e la scuola non è più un ascensore sociale.

Oggi entrare in classe sembra quasi compiere un salto nel buio, e tanti insegnanti non ce la fanno. Mai come ora si trovano così soli e di fronte ad un concentrato di ansia e di inquietudine, che talvolta si tramutano anche in un grido di aiuto, al quale occorre rispondere con modelli virtuosi realizzati da una rete sociale di adulti di cui la scuola deve far parte.

Riguardo alla proposta di legge sull’introduzione dell’educazione alla cittadinanza promossa da un gruppo di sindaci, c’è da domandarsi se proprio loro anziché pensare a quello che fa la scuola, giudicandola di fatto responsabile dello sconquasso, non debbano interessarsi proprio di costruire quella rete sociale che possa fare da protezione dei giovani, coinvolgendo i vari servizi alla persona e le loro comunità. Introdurre l’educazione alla cittadinanza, tra materia e non materia, è una questione che si dibatte da oltre cinquant’anni e la soluzione non sembra  a portata di mano. Se poi si trattasse di una nuova materia con un voto separato, si continuerebbe sulla strada del nozionismo selettivo.

Non si può aspettare, nelle scuole occorre ricostruire un tessuto comunitario che non sia incentrato sulla burocrazia rappresentativa, ma sulla collaborazione delle diverse componenti in uno stretto rapporto di corresponsabilità. L’istituzione scolastica deve porsi, insieme alle altre istituzioni e agenzie educative presenti sul territorio, la domanda: come cambiare e cosa fare, per incontrare e sostenere i giovani, soprattutto quelli più deboli e svantaggiati, nella fase più delicata della loro crescita come persone e cittadini?

Nessuno può sottrarsi al dovere di prevenire e di educare, perché la legge della forza non abbia a prevalere sulla forza della legge e sul dovere del rispetto della dignità di ogni persona. Il campanello di allarme riguarda tutti e si deve trasformare in interrogativo di allarme e in stimolo forte oltre che sulle risorse personali e collettive anche in rapporto alla responsabilità di ciascuno verso il bene comune.

L’autonomia che abbiamo e quella che si potrebbe ottenere in più con i nuovi regionalismi potrebbero forse condurci verso modelli simili alle Charter Schools, dove docenti, genitori e altri organismi no-profit potrebbero negoziare con l’autorità scolastica gli obiettivi di un progetto educativo, in base alle necessità della realtà sociale.

Fonte dell’articolo: Tuttoscuola.com



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