Sono in tanti a pensare che buona parte degli insegnanti si orienterà verso i grillini
A partire dal 1994 e fino alle elezioni del 2013 il mondo della scuola, e in particolare quello degli insegnanti, si è in prevalenza espresso a favore delle coalizioni di centro-sinistra, con la parziale eccezione delle votazioni svoltesi nel 2001, quando una parte significativa dei docenti reagì negativamente alle riforme berlingueriane in materia di cicli (il 7+5 che unificava la scuola primaria con quella media) e soprattutto di carriera e merito, con la proposta di sottoporre i docenti di ruolo a prove di valutazione della loro professionalità.
Nelle altre occasioni, a partire dalle elezioni del 1996, quando l’apporto del mondo della scuola apparve particolarmente importante per il successo dell’Ulivo di Romano Prodi, la maggior parte degli insegnanti si è costantemente schierata a sinistra nelle sue varie articolazioni, concentrandosi poi sul PD di Veltroni e Bersani, nel quale erano confluiti i post-comunisti ex Pci-Pds-Ds, i popolari ex DC e altre formazioni del riformismo moderato di sinistra (socialisti, repubblicani, verdi…).
È presumibile che Matteo Renzi – diventato segretario del PD alla fine del 2013 e poi presidente del Consiglio all’inizio del 2014 a seguito del non successo registrato dal partito a guida bersaniana nelle elezioni del febbraio 2013 – abbia fatto affidamento proprio su questa tradizionale propensione elettorale degli insegnanti per incentrare sulla scuola una delle sue principali riforme, quella della ‘Buona Scuola’, portata avanti a tappe forzate nella fase iniziale del suo governo insieme al Jobs Act: due riforme gestite da Renzi con modalità non esenti da un certo giacobinismo decisionista e realizzate all’insegna della dis-intermediazione, in polemica con praticamente tutti i sindacati della scuola esclusa l’ANP, maggioritaria tra i dirigenti scolastici, sulle cui spalle è stato fatto ricadere il maggior onere per l’attuazione della legge.
Si è trattato di un errore di valutazione da parte di Renzi, come egli stesso ha riconosciuto di fatto al momento della formazione del governo Gentiloni – dopo l’esito negativo del referendum istituzionale del 4 dicembre 2016 – nella cui compagine, rispetto al governo presieduto dallo stesso Renzi è stato sostituito un solo ministro, quello dell’istruzione. Unico caso di discontinuità.
Ma quanto influirà sulle scelte elettorali degli insegnanti, il prossimo 4 marzo, l’azione svolta da Valeria Fedeli, impegnatasi negli ultimi quattordici mesi nella concreta riapertura del dialogo con la categoria e con i suoi sindacati? È una delle incognite delle elezioni che si terranno tra una settimana, anche se sono in tanti a pensare che buona parte degli insegnanti si orienterà verso i grillini.
Le supplenze ATA su posti ex LSU terminano il 1° dicembre 2023 con le assunzioni del personale ex LSU inserito in graduatoria nazionale pubblicata il 17 novembre sul sito InPA.
Percorsi abilitanti di cui al DPCM 4 agosto 2023 per la scuola secondaria primo e secondo grado: in una riunione svoltasi ieri al Ministero dell’Istruzione e del Merito, richiesta dai sindacati con il coinvolgimento di dirigenti del MUR è stato fatto il punto sull’avvio dei corsi da 60 e 30 CFU, anche se per la loro concreta attivazione bisognerà attendere ancora qualche settimana.
In attesa di novità dalla legge di Bilancio 2024, il testo bollinato della Manovra contiene anche la proroga al 15 aprile dei contratti dell’organico aggiuntivo ATA.