Card docenti: solo il 6,6% è andato alla formazione
24 November 2017
Quasi 200 milioni, vale a dire il 77,44% dell’importo complessivo, sono stati utilizzati dai docenti per acquistare strumenti “hardware e software”
Ai tempi delle lingue straniere, della Fabbrica 4.0, della didattica sempre più orientata alle esigenze dei ragazzi e del mondo del lavoro, gli insegnanti italiani scelgono di spendere i 500 euro messi a disposizione dalla Buona Scuola per la loro formazione professionale acquistando, in massa, pc e tablet: su 256,5 milioni di euro (validati dal Miur relativi al 2016/2017) quasi 200 milioni, vale a dire il 77,44% dell’importo complessivo, sono stati utilizzati dai docenti per acquistare strumenti “hardware e software” (il ministero dell’Istruzione ha vietato gli smartphone perché considerati «non prevalentemente funzionali» all’attività di formazione – ma non è escluso che siano entrati nelle case dei professori e dei loro figli “mascherando” la spesa con voci ammesse). Per corsi di formazione e aggiornamento, vale a dire, master, corsi universitari o svolti da enti accreditati – teoricamente lo “sbocco” più in linea con il dettato normativo – sono stati utilizzati appena 16,9 milioni, il 6,6% del totale.
Diciamolo subito: in base alle norme in vigore è tutto legittimo. Quello che sorprende è che, tra le tante opzioni sul tavolo, la scelta dei professori si sia concentrata su pc, iPad e tablet, che, come noto, possono non avere una esclusiva finalità “formativa”.
La Card annuale di 500 euro voluta, nel 2015, dal governo Renzi ha segnato una inversione di tendenza: la somma può essere spesa per una serie di “servizi” dall’acquisto di libri ai corsi d’aggiornamento, dal cinema-spettacolo-teatro agli strumenti hardware e software, che sono quelli andati per la maggiore. In tutto, secondo la fotografia che ci anticipa il Miur, si sono registrati alla piattaforma online 635.098 insegnanti, l’87% degli aventi diritto alla Card formativa. Per gli spettacoli di cinema e teatro è stato speso meno di un milione di euro; per mostre, eventi culturali e musei circa 700mila euro. Poco più di 38 milioni sono andati per l’acquisto di libri e testi, anche in formato digitale. Se, a questi 38 milioni, si sommano i 16,9 per master e corsi di formazione, si arriva a 55,2 milioni, pari al 21,53% degli importi validati dal Miur, destinati a «finalità di aggiornamento». Un dato significativo, per chi vede il bicchiere mezzo pieno. Nel confronto internazionale, invece, siamo in ritardo: in quasi tutti i Paesi europei (rapporto Eurydice 2016) la formazione continua degli insegnanti è una realtà strutturata, con alcuni Stati che addirittura la incentivano con avanzamenti di carriera o miglioramenti retributivi. In Italia, fino al 2015, non esisteva alcun obbligo formativo per i professori, e quindi in pochissimi si aggiornavano.
I 500 euro del bonus annuale sono, ora, al centro di un braccio di ferro tra chi, i sindacati, vorrebbero spalmarli su tutti i docenti, nel prossimo rinnovo contrattuale (la misura vale circa 350 milioni l’anno) e chi, l’esecutivo, preme per mantenerli. Gli ultimi due governi, del resto, hanno investito molto sulla formazione degli insegnanti (le risorse per il settore superano oggi i 426 milioni l’anno). E adesso si auspica che, esaurite tutte le spese per pc e tablet, già dal prossimo anno, i 500 euro possano essere utilizzati in modo diverso, e per finalità che abbiano ricadute reali per gli studenti.
Al via i concorsi scuola, con le nuove modalità previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per l’assunzione in ruolo di oltre 30mila docenti nelle scuole di ogni ordine e grado: i bandi concorsi scuola, pubblicati questa mattina sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito, prevedono la copertura di 9.
La lotta ai diplomifici non può diventare la bandiera della destra o della sinistra, perché la difesa della qualità del sistema e della giustizia per gli studenti impegnati al conseguimento del diploma rappresenta un principio di civiltà che non può diventare una prerogativa di parte.
Con il piano straordinario di vigilanza avviato dal Ministero dell’istruzione e del merito, partito nei giorni scorsi con ispezioni nelle tre Regioni (Campania, Lazio e Sicilia) dove dalla fotografia scattata dalla nostra inchiesta risiedono gli istituti più sospetti, per la prima volta si dichiara guerra a un mondo opaco, parallelo al sistema d’istruzione, di cui ne inquina i risultati.